Visioni d'insieme

Laura Lepetit, una femminista distratta

Laura Lepetit, una femminista distratta

Credere che l’autobiografia di Laura Lepetit non sia un libro universale è un grande errore. Non è importante essere femministe per leggerlo.

Anche se tutta la sua vita è stata improntata al femminismo, ne era letteralmente imperniata, non è questo il punto.

Laura Lepetit nasce a Roma in una perfetta famiglia borghese. Si laurea alla Cattolica di Milano in Lettere moderne, si sposa a 24 anni con un industriale e diventa supplente in una scuola. Una vita apparentemente già scritta. Ma non è così.

Bazzica la libreria Milano libri che poi acquisisce con Giovanni Gandini, Anna Maria GregoriettiVanna Vettori. Una libreria frequentata tra gli altri da Umberto Eco, Oreste del Buono ed Elio Vittorini. Fonda, con lo stesso gruppo di amici, la rivista Linus portando in Italia non solo le strisce dei Peanuts ma una certa controcultura. Entra a far parte del movimento femminista di Carla Lonzi e poi nel 1975, dopo aver scoperto che Le tre ghinee di Virgina Woolf non era stato tradotto in Italia, fonda la casa editrice La Tartaruga, pubblicando solo libri e saggi scritti da donne. Un modo per rimettere al suo posto ciò che era stato dimenticato, nascosto, fatto scivolare via. Le pubblica tutte, o quasi, dalla Woolf ad Anna Maria Ortese, da Doris Lessing a Clarice Lispector, da Getrude Stein ad Edith Wharton senza dimenticare naturalmente Fernanda Pivano.

Autobiografia di una femminista distratta di Laura Lepetit, edito da Nottetempo, racconta la sua intera vita. In maniera distratta come dice lei, 124 pagine in cui vola di fiore in fiore, facendoci annusare il polline di ogni fiore impollinato da una delle donne che hanno cavalcato il Novecento italiano, senza mai rimanere in disparte, seduta a fare da spettatrice.

Quindi tornando alla questione del femminismo, non è necessario esserlo per leggere questo libro, ma bisogna amare i libri. Questo sì. Amare leggerli, guardarli sugli scaffali, cercarli nelle librerie, immaginare le infinite storie che possono raccontarci, gli infiniti saperi che sono in grado di trasmetterci.

“Davanti ai libri mi sento come un cane da tartufi. Li cerco col naso, ne sento l’odore, capto i segnali che mandano e dato il terreno con il muso tra i cespugli. Succedeva quando mi occupavo della casa editrice e mi succede anche adesso in casa. Quando mi chiedono in che ordine tengo i libri, rispondo perplessa nessuno. Infatti se cerco un libro comincio a sniffare tra gli scaffali e dopo un po’ quasi sempre trovo quello che cerco” scrive Laura Lepetit parlandoci di Gertrude Stein, la sua preferita o di Fernanda Pivano che “mi insegnava tante cose e mi lasciava capire che tutto era possibile a un cuore innocente”.

Parla di Anna Banti “una nostra grandissima scrittrice, una Virginia Woolf tutta per noi” e di Carla Lonzi “l’incontro che ha cambiato la mia vita” e della volta in cui con le amiche di Rivolta Femminile decisero che non serviva a nulla dividersi in generazioni. Lezione oggi dimenticata da molti.

E nella sua vita fatta di libri c’è un posto d’onore per Goffredo Fofi che arrivava nella sede della casa editrice suggerendole libri da stampare come Flush della Woolf, La mia Antonia di Willa Cather o Casalinghitudine di Clara Sereni che però non pubblicò mai, pentendosene.

Parafrasando una frase di Thomas Mann che lei amava particolarmente, questo libro è per i luminosamente vivi, i felici e gli amabili. Se femministi, sta a voi deciderlo.

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