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Imponente con il suo campanile che si lascia osservare dalla città, sorprendente per il suo apparire all’improvviso in una piazza.
È la basilica minore concattedrale di Maria santissima della Madia di Monopoli, secoli che si sommano e si sottraggono, distruzioni e ricostruzioni, stratificazioni che si susseguono nel tempo, dalla cripta della cattedrale romanica all’ultima ricostruzione del periodo Barocco. L’interno è un trionfo di intarsi di marmo, la cupola alta trentuno metri e nove di diametro regala altezze inimmaginabili. Le cappelle laterali sono ancora trionfi di marmi e poi alzando lo sguardo si scopre una nuova cappella, la scala per accedervi, è quella della Madonna della Madia costruita a metà del settecento. Per decorarla ci volle quasi un secolo. I marmi policromi conducono all’icona della vergine alla quale i devoti si rivolgono in preghiera.
Nella chiesa, nella cappella delle Travi, in un grande armadio a muro sono conservate le travi della Madia quelle che secondo la tradizione costituivano la zattera sulla quale giunse l’icona mariana, nel 1117. Fuori a proteggere la cattedrale dalle intemperie e dalla furia del mare una muraglia a fermare l’avanzata del tempo, a delimitare la piazza. Il sagrato è solo anonima presenza. Tra i marmi e i dipinti, tra pavimento e soffitto, si intersecano i colori, disegnano linee e curve, piccoli giochi nei quali perdersi prima di varcare la soglia per uscire e lasciarsi alle spalle pregiati materiali e il silenzio della preghiera.
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