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Zafferano, luce nel buio

Zafferano, luce nel buio

Tra le numerose pajare dismesse nelle campagne di Galatone, in un campo tra gli olivi sopravissuti al flagello della Xylella e agli incendi

fioriscono nel mese di novembre i bulbi tuberi, i cormi,  di crocus sativus, lo zafferano. A coltivarli è Antonio Inguscio che ha voluto restituire alla sua terra una produzione nota fin dal 1400.  Antonio ama i delicati fiori che donano il prezioso zafferano, li raccoglie a mano con estrema delicatezza, uno dopo l’altro adagiandoli con cura sul fondo di una cesta in vimini su un canovaccio di cotone bianco. L’estrazione degli stimmi è operazione che richiede altrettanta cura, Antonio apre i tepali viola sfogliandoli quasi per poi staccare il prezioso raccolto che essiccato sarà destinato alla produzione dello zafferano del Galateo, ispirato agli scritti di Antonio De Ferraris, detto il Galateo, che già nel XV secolo testimoniava la diffusione del croco salentino nel suo celebre De Situs Japigiae.

Antonio mentre raccoglie i fiori racconta di quanto sia stato importante per lui restituire lo zafferano alla sua terra, dalla lettura di De Situs Japigiae insieme al professor Vittorio Zacchini, tra i maggiori esperti della produzione letteraria di Antonio Ferraris, ha scoperto che nei Campilatini citati c’era anche contrada Orelle a Galatone dove insiste il suo oliveto. Ha immaginato di tornare nei campi e ritrovare il prezioso fiore di zafferano, ha studiato e ricercato, e l’immaginazione è diventata realtà.

Antonio nella coltivazione dello zafferano segue rituali antichi: la semina a settembre, in corrispondenza delle fasi lunari, e la raccolta a mano, che avviene in un solo giorno, tra ottobre e novembre, e trasforma i campi in tappeti di fiori viola dal profumo intenso.

Lui ha immaginato il passato che ora rivive. Nella campagna di Galatone, i fiori di zafferano sono piccole stelle, luce nel buio delle dimenticanze.

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