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San Donato, lo sguardo che attraversa l'anima

San Donato, lo sguardo che attraversa l'anima

La messa è finita, lo spazio antistante la chiesa madre va riempiendosi, il vociare di una piccola folla sotto il sole

delle 11.30 di un sei agosto qualunque ricorda che è la vigilia della festa per il patrono di Montesano Salentino, San Donato vescovo. La folla, l’intera comunità di questo piccolo centro nella remota provincia di Lecce, è in attesa, trepidante, e non importa quanto caldo faccia, importante è essere qui in questo momento ad aspettare lui, San Donato, che esca dalla Chiesa in cui risiede per 363 giorni.  Aspettare che i portatori lo issino in spalla dopo aver superato la soglia della porta centrale in tutta la sua sfolgorante bellezza. Eccolo Donato, giovane e sbarbato in aperto contrasto con la iconografia classica del vescovo di Arezzo, eccolo e il vociare si interrompe, un eterno istante di silenzio e poi un applauso scrosciante, gli occhi lucidi, lacrime a rigare visi, solenne rito di collettività se non fosse per quella voce stonata del parroco che incita un inutile quanto inopportuno ‘evviva San Donato’,  rompendo sacralità.

Rito che si ripete, anno dopo anno. La processione accompagna la statua del Santo nella cappella per lui eretta, da lì uscirà la sera per la ‘nturciata, processione serale con luci di candele e al suo rientro lo spettacolo pirotecnico. E nella notte tra il sei e il sette agosto fino a pochi anni fa coloro che erano affetti dal male di San Donato restavano in cappella a chiedere la grazia. Alcuni studiosi includevano la visita a San Donato nel ciclo coreutico di guarigione dal morso della Taranta. Ernesto De Martino pur passando da qui nel suo viaggio del 1959 non ritenne rilevabile per la sua teoria antropologica questo fenomeno. Il sette agosto alle 12 la statua, in solenne processione,  torna nella chiesa madre di Montesano Salentino. Donato  protettore dell’epilessia è santo temuto, spesso vendicativo nei racconti dei nonni che non ci sono più. Non si poteva mancare dal festeggiarlo altrimenti poteva accadere qualcosa di terribile, anche la morte.

Una festa sentita con molti rituali ormai sostituiti dai video con gli smartphone. 

Anche l’asta, fatta di gesti e simboli, per portare in spalla il Santo, ha perso il suo significato e il ‘bastone’ al quale si appendono soldi con gli spilli ha subìto una svalutazione economica. Ciò che resta è il culto per lui, per Donato che sembra guardarti, con il suo disegno venoso ben evidente sulle mani, le gocce di sudore sul viso, quasi fosse reale la statua lignea. Resta il culto e il ricordo di balconi aperti, di festa e devozione, di inni. “Deh! Vieni, o San Donato, o Martire Glorioso, un guardo tuo pietoso, quaggiù rivolgi ancor. Rimira il tuo paese e stendi la tua mano su tutta Montesano, o nostro Protettor”.

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