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Mesciu Nino e il tamburello di Nociglia

Mesciu Nino e il tamburello di Nociglia

Una circonferenza in legno a tendere pelle conciata di agnello e nel legno delle fessure per sottili dischi di rame, a coppie. Uno spazio vuoto.

L’impugnatura. È il tamburello, da percuotere con la mano per dettare un ritmo, indicare una base sulla quale appoggiare voce e strumenti.

Li senti risuonare per le piazze nei mesi estivi tra il pubblico e sui palchi con i gruppi di musica popolare. E nella notte di San Rocco a Torrepaduli, con le ronde spontanee e la danza scherma. In tempo di covid non è più una festa.

Gianni ricorda i tempi in cui era ragazzo mesi a lavorare nella bottega dello zio per poi caricare setacci per grano e per farina, tamburelli in varie grandezze, sul carretto e andare alla fiera di san Rocco a due passi dal santuario per vendere i preziosi prodotti artigianali e di notte a vigilare, mentre i coltelli si incrociavano al ritmo codificato di una danza per pochi, che nulla sparisse che nulla si rompesse. Finita la festa tutti a casa, bottega chiusa per riposare.

I tamburelli di mesciu Nino erano preziosi, ambiti, realizzati ascoltando le richieste di chi li avrebbe suonati fino a far sanguinare la mano.

Nel suo paese Nociglia lo ricordano tutti e nella sera in cui approda la tappa del festival La Notte della Taranta una installazione porta in scena sotto il porticato del palazzo Baronale alcune delle sue opere sopravvissute al tempo e all’usura di chi le ha usate.

Giovanni Sancesario, mesciu Nino, custode di un sapere antico, in cui la parola era taciuta per lasciare spazio al gesto e alla sua ripetizione, conosciuto in tutto il Salento, iniziò a lavorare fin dagli anni ’40.

I suoi tamburelli, con i sonagli in rame, erano talmente famosi da essere protagonisti di uno stornello. “Lu tamburrieddhu miu j’è de Nociglia, jata  ci lu tuzza e ci lu pija, il tamburello mio è di Nociglia, beato chi lo suona e chi lo piglia”.

Gianni tra quelli esposti riconosce il suo, prestato per l’occasione ma che tornerà nelle sue mani perché non se ne può separare, e la mano batte sul tavolo un ritmo noto.

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