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Dodici autori per uno Strega

Dodici autori per uno Strega

Il fascismo aveva minato l’animo degli artisti e scrittori italiani, che per “far fronte alla disperazione

come disse la sua ideatrice, la scrittrice Maria Bellonci diedero vita al salotto letterario degli Amici della domenica, che ha accolto, tra gli altri Carlo Emilio Gadda, Vasco Pratolini, Ignazio Silone, Alberto Moravia, Elsa Morante, Giorgio Bassani, Mario Praz, Giuseppe Ungaretti, Renato Guttuso, Anna Maria Ortese, Carlo Levi. Una sera Goffredo Bellonci (giornalista e marito di Maria) era a cena in una trattoria con Guido Alberti, produttore del liquore Strega e gli propone l’idea di finanziare un premio letterario, facendosi portavoce di quegli amici che pensavano da tempo a “un premio che nessuno ancora avesse mai immaginato. L’idea di una giuria vasta e democratica che comprendesse tutti i nostri amici mi sembrava tornar bene per ogni verso; confermava il nuovo acquisto della democrazia” scrisse la Bellonci.

Nacque così il premio letterario più ambito e criticato d’Italia, il Premio Strega.

Nacque sotto i migliori auspici.

Il primo vincitore nel 1947 fu Ennio Flaiano, con l’unico romanzo da lui scritto, tra l’altro dietro richiesta di Longanesi, Tempo di uccidere. Il premio gli portò in dono successo e critiche in egual misura. Ma lui non se ne curò molto e tornò a fare ciò che amava di più, scrivere sceneggiature. E ne scrisse di memorabili: La dolce vita, 8½, I vitelloni, Le notti di Cabiria e Lo sceicco bianco di Federico Fellini, Vacanze romane di William Wyler, La notte di Michelangelo Antonioni e Parigi è sempre Parigi di Luciano Emmer.

C’è stato un tempo in cui gli scrittori venivano soppesati per il loro valore letterario e non per l’ego. Uno di quelli fu Alberto Moravia che scrisse una lettera alla sua casa editrice, la Bompiani “Cari amici, dopo riflessione ho deciso di ritirare il mio volume di racconti dalla competizione per il premio Strega. Penso che i premi andrebbero dati ad autori giovani o per lo meno sconosciuti. Ora io non sono più giovane e non sono sconosciuto. La mia decisione spero permetterà di premiare il più meritevole. Mi permetto a titolo puramente personale di indicare Italo Calvino che è giovane, poco noto ed ha scritto un bel libro”. Era il 1952, Moravia cambiò idea solo quando il suo libro fu messo all’indice dall’Osservatore Romano, e vinse così lo Strega, relegando Calvino e il suo Visconte dimezzato nella cinquina finale.

C’è stato un tempo in cui lo Strega era visionario.

Il principe, barone e duca Giuseppe Tomasi di Lampedusa si vide rifiutare per ben due volte il suo Gattopardo, dalla Mondadori e dalla Einaudi, per colpa della miopia di Elio Vittorini che non fu in grado di riconoscerne il valore, cosa che gli capitò di frequente, bocciando anche Il Dottor Zivago di Pasternak e il Tamburo di latta di Grass. Fu solo grazie all’interessamento di Elena Croce e Giorgio Bassani, che lo proposero a Feltrinelli, che il libro vide la luce. Purtroppo Tomasi di Lampedusa era già morto, non fece in tempo a vederlo stampato né a godersi la vittoria del Premio Strega che gli fu assegnato postumo nel 1959.

Oggi ci sono le tante, troppe polemiche, su un premio che tirando le somme viene assegnato a un manipolo di case editrici. Ventitré volte a Mondadori, 13 a Einaudi, 11 volte a Rizzoli e 10 a Bompiani che insieme rappresentano solo due gruppi editoriali. Adelphi da anni ha deciso di non partecipare più. 

L’idea di promuovere strade non battute, di far germogliare giovani talenti si è un po’ persa negli anni, salvo qualche rara eccezione.

Resta però la fortuna che lo Strega porta ai suoi vincitori. Ricordiamo uno per tutti Umberto Eco, vincitore nel 1981, che con il suo Il nome della rosa ha venduto oltre 50 milioni di copie nel mondo ed è stato inserito tra i 100 libri del secolo. 

Tentar non nuoce quindi. E se quell’abbraccio tra la musa e la strega, raffigurato da Emiliano Ponzi nel cartellone dell’edizione 2020 del premio, dovesse portar fortuna ai 12 finalisti, ben venga. 

Tre le opere prime, Marta Barone, traduttrice e insegnante in un liceo che dopo tre libri per ragazzi si è cimentata nel suo primo romanzo Città sommersa (Bompiani),  Jonathan Bazzi laureato in Filosofia con una tesi sulla teologia simbolica in Edith Stein che nel suo Febbre (Fandango Libri) racconta la sua sieropositività. Gian Arturo Ferrari, che dopo una vita trascorsa in Mondadori si è visto pubblicare il suo primo libro  Ragazzo italiano da Feltrinelli. Al suo secondo libro, dopo il successo inaspettato della sua opera prima Napoli mon amour, Alessio Forgione, è candidato con Giovanissimi (NN Editore), dietro proposta di Lisa Ginzburg (figlia di Carlo Ginzburg). Gli altri sei sono tutti scrittori affermati: Giuseppe Lupo, docente dell’Università Cattolica di Milano, con Breve storia del mio silenzio (Marsilio); il magistrato presentato alla scrittura Gianrico Carofiglio con La misura del tempo (Einaudi); il poeta Daniele Mencarelli, con il suo secondo romanzo Tutto chiede salvezza (Mondadori); la napoletana Valeria Parrella, proposta da Nicola Lagioia, con il suo Almarina (Einaudi); Remo Rapino, insegnante di filosofia in pensione con Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (Minimum Fax); Sandro Veronesi, già vincitore dello Strega del 2006 con Caos Calmo, ora ci riprova con Il colibrì (La nave di Teseo) e il poeta Gian Mario Villalta, L’apprendista (SEM). Ma per sapere a chi sarà assegnato bisognerà aspettare il 2 luglio quando al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia sarà fatto lo spoglio dei 660 voti che decreteranno il premio Strega 2020.

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