Nel giorno in cui si celebrano le montagne, le loro vette innevate, il fascino della roccia, voltare lo sguardo e osservare il mare, l’orizzonte.
Il vento che soffia da nord sospinge l’onda contro lo scoglio. L’acqua si solleva in una cascata di gocce bianche come spuma. Lo scoglio sembra resistere, impassibile, fiero. Il mare sa che è solo questione di tempo, millimetro dopo millimetro, levigando e scavando riuscirà nel suo intento, raggiungere la strada e inghiottirla come si fa con la bruttezza sottraendola agli occhi miopi del mondo. Un’onda, un guizzo, una danza, uno spettacolo, una scena, una interpretazione, un irrompere nello spazio catturando attenzione, cancellando distrazioni, allargando pensieri, superando confini.
L’onda si infrange sullo scoglio e l’obiettivo coglie l’attimo, fissa l’istante, lo rende eterno e l’orizzonte dietro scompare, perde importanza, fuori inquadratura. Tutto si riduce ad una spumeggiante esplosione, turbinio di emozioni, visioni.
Il vento soffia da nord, le onde si susseguono, rapide, si infrangono sulla costa, rapiscono sabbia, smantellano pedane mal messe. Onde come forza che tutto cancella e tutto ripulisce, riordina l’esistenza, cancellando l’inutile, il superfluo, l’illusorio. Tutto torna all’origine, all’essenziale, alla vita.
Il litorale deserto regala una nuova prospettiva di sé, come linea da modellare sconvolgendo l’esistente, il costruito. L’onda si infrange ancora ed è un suono forte pieno cupo, è promessa di rottura.