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Indovina chi viene a cena

Indovina chi viene a cena

La pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. È uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico.

Diceva Pablo Picasso. Il suo ego smisurato non avrebbe apprezzato la sfacciata mostra delle sue opere in una sala da pranzo, di un casinò per giunta. Neanche del più famoso del mondo.

Venti sue opere erano appese, sino a qualche giorno fa, sui muri che sanno di filetto alla Wellington e insalata di rucola.

C’era Marie-Thérèse Walter, musa, amante e compagna di Picasso nel Donna con berretto rosso-arancio, L’Uomo e bambino del 1959 e Natura morta con cesto di frutta e fiori, dipinto in una Parigi occupata dai nazisti.

Opere da guardare svogliatamente pasteggiando con le pietanze dello chef stellato Julian Serrano e brindando con una delle 1.500 etichette di vini europei della sua cantina. Un tripudio di ostentazione voluto da Steve Wynn, uno degli uomini che ha creato Las Vegas quando ancora era polvere e deserto, l’imprenditore che ha eretto il Bellagio e il Mirage, che colleziona opere d’arte come fossero figurine comprandole e vendendole per l’effimero piacere di poterlo fare.

Giocattoli da acquistare per poi abbandonare, subentrata la noia. Arte antica e moderna, pop-art, contemporanei, impressionisti. Nulla è troppo per le sue tasche. Dal Double Elvis di Warhol ai Monet, Cezanne, Botero, Renoir, Koons e naturalmente Picasso.

Scelto forse per il comune ego ingombrante. Chi altri se non un artista che si paragonava a Dio? Non si sarebbero piaciuti. Picasso era ridondante ma la sua arte era fatta di emozioni, poesia, bellezza.

E quanto sarebbe divampato in una inenarrabile ira sapendo che due sue opere, nelle mani di Wynn, sono state maldestramente danneggiate?

Il primo, il suo autoritratto, Le Marin trafitto dalla prolunga di un rullo mentre veniva dipinta la parete sulla quale era appoggiato, durante la preparazione di un’asta da Sotheby’s. Il secondo, Le Rêve, al quale Wynn diede involontariamente una gomitata, costatagli un milione di dollari in restauro.

Vent’anni di opere d’arte acquistate e poi rivendute. Come le ultime undici, tutte di Picasso, nove quadri e due ceramiche, quelle al sapore di astice e caviale vendute nei giorni scorsi dal Bellagio.

L’albergo/casinò costato 1,6 miliardi di dollari, simbolo di una cultura edonista e capitalista oggi si riscopre politicamente corretto. Venduti i Picasso per un valore complessivo di 108,87 milioni di dollari acquisteranno opere di artisti neri, donne, appartenenti alla comunità lgbtqi, e provenienti da paesi emergenti.

Rifarsi una immagine al passo con i tempi passando dall’opulenza alla equa rappresentanza, senza andare di un passo oltre l’immagine.

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