Pensieri che vengono appuntati su fogli e diari, riflessioni sulla vita e sull’arte, sulle necessità di lasciare qualcosa, un segno tangibile.
Brani tratti da lettere, articoli, manifesti e saggi che rendono l’idea della continua ricerca di un grande artista protagonista del primo novecento.
La gran madre, pensieri sull’arte di Umberto Boccioni, edizioni Via del vento, a cura di Fabrizio Zollo è un piccolo quaderno di testi rari dell’artista futurista.
“Sarebbe difficile in poche righe spiegare e manifestare tutte le lotte che si combattono in me pesantemente e poter dare un’idea degli assalti che continuamente la mia critica muove a tutto quello che formava la mia conoscenza di ieri./ Questo posso dire, che in me non è rimasto in piedi nulla. Ho tutto sradicato è quello che è in piedi tentenna./ Però se c’è una tendenza predominante in me in questo tempo è la ricerca spasmodica della ricostruzione”.
Umberto Boccioni considerava l’arte “la gran madre”, lui che nella sua breve vita seppure dubbioso cercava,senza mai fermarsi, le risposte alla sua sete di conoscenza. Conosceva il suo valore e la sua missione. “L’artista deve avere da dire qualche cosa, perché il suo compito non è la padronanza della forma, ma l’adattamento della forma al contenuto. (…) Bisogna sentire il colore e la forma come si sente la musica, ogni nuance, ogni nota deve corrispondere a un sentimento, una vibrazione dell’anima deve essere espressione dell’anima”.
Pittore e scultore, in questo piccolo volume si ripropongono i suoi pensieri. “Verrà un tempo in cui il quadro non basterà più. La sua immobilità sarà un arcaismo col movimento vertiginoso della vita umana. L’occhio dell’uomo percepirà i colori come sentimenti in sé”.