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Minervino di Lecce, un rosone che sorprende

Minervino di Lecce, un rosone che sorprende

Si apre alla vista, appena si imbocca la strada, il rosone, contraltare al moderno cemento delle costruzioni abitative che delimitano la via. 

Osservarlo alle ore 13, le porte sbarrate, le tapparelle chiuse, il silenzio dei pranzi, il sottofondo dei condizionatori accesi, è lasciarsi riempire di meraviglia. Decorazioni scavate con maestria nella pietra gialla dorata, abbagliante restituzione di luce. Sorprende il diametro ampio, nella bassa facciata, come se lo sforzo economico fosse concentrato tutto lì, il risparmio altrove, essenzialità. Come all’interno, l’abside in pietra leccese, pregevolmente scolpita, si contrappone alle essenziali pareti dove solo due altari trovano spazio.  Contraddizioni, semplicità e stile barocco.

La Chiesa madre di Minervino di Lecce è la sorpresa tra le strade. Dimostrazione di forza con le altre, nel paese in cui le dimore storiche si affrontano, palazzo Venturi, vera fortezza, contro palazzo Scarciglia, trionfo di eleganza.

In questo piccolo paese in provincia di Lecce con le  sue due piccole frazioni, Specchia Gallone e la più nota Cocumola che il poeta Vittorio Bodini celebra e trasforma in verbo, qui passeggiare per le strade è desiderio serale. Di giorno un calice di vino da Origano e prelibatezze culinarie, rendono la calura estiva accettabile. Tappa necessaria per il ristoro e la narrazione di Tanio.

Mentre si ascolta una musica lieve, tra dolmen e menhir, il pensiero va alle tavole di San Giuseppe, “apparecchiate” e interpretate, in piazza, nel giorno della festa a marzo. Cibo e santi, condivisioni, sacro e profano.

Contraddizioni.

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