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Dal fiume al mare

Dal fiume al mare

Mohammad Al-Hawajri è nato nel campo profughi di Bureij, nella Striscia di Gaza, nel 1976.

Lì è nata anche sua moglie, l’artista Dena Mattar, e i loro quattro figli. Essere artisti nella Striscia di Gaza è complicato, ma in quel campo racchiuso tra una valle fluviale di ulivi e aranci e una discarica Al-Hawajri trova l’incanto e gli strumenti per realizzare la sua visione artistica.

Utilizza tecniche diverse, il disegno, la fotografia, la pittura, le installazioni e le fa dialogare insieme. L’arte come spiegò in una intervista “ha un grande ruolo nel creare consapevolezza nella società e solleva anche domande e apre le porte a dialogo tra persone con culture diverse. L’arte è un linguaggio che non ha bisogno di traduzione”.

Quando diventa impossibile recuperare tele e colori utilizza oggetti di scarto, come ossa animali. Il colore restituisce alla sua Palestina lo splendore del passato, non solo sabbia e macerie, ma il verde degli alberi, l’azzurro del mare, il rosso delle case, il giallo dei mosaici.

In seguito agli attacchi israeliani del 2007-2008 decide di dare un senso politico alla sua arte, vince una borsa di studio e vola a Parigi dove dipingerà 43 volte un soldato. Seguirà la serie Limiti della pazienza che con sarcasmo ed ironia mette in mostra le assurdità della vita di un palestinese, l’assedio, i valichi chiusi. Allusioni, sussurri, grida. Dipinge anche una sua personale visione di Guernica. La storia si ripete sotto gli occhi smemorati dell’umanità.

La vita sempre precaria, sempre stravolta da sconvolgimenti politici, economici ben prima del 7 ottobre lo ha portato a cercare nell’arte lo strumento di dialogo necessario. Il 7 ottobre è stato uno spartiacque, dopo la devastazione di massa di Gaza fugge con la sua famiglia a Nuseirat dalla sorella, due mesi dopo la casa viene bombardata e fuggono a Rafah, vivono in tenda per sei mesi, lui, sua moglie e i quattro figli. Poi finalmente la possibilità di raggiungere l’Egitto e infine gli Emirati Arabi Uniti dove ora vive.

Nei suoi quadri spesso sono raffigurati animali, a volte una capra, come quella rossa ereditata da sua nonna che consentiva a tutta la famiglia un tenore di vita dignitoso. Lo sguardo di Mohammad Al-Hawajri è di denuncia ma il suo cuore resta ottimista “vorrei dire che la bellezza aiuta a mantenere aperti spazi di speranza per il futuro atteso, che sarà adornato di splendidi colori”.

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