
www.pressinbag.it è una testata giornalistica iscritta al n. 10/2021 del Registro della Stampa del Tribunale di Bari del 10/05/2021.
Quando le giornate diventavano più tiepide e l'afa estiva non era ancora cominciata oppure era passata da poco,
nei pomeriggi in cui mio padre non aveva impegni di lavoro, ci recavamo in campagna a raccogliere margherite o altro, a seconda del periodo.
Questa piccola consuetudine rendeva tutti noi molto felici di trascorrere del tempo insieme all'aria aperta.
La destinazione era un luogo poco lontano da casa che tuttora è ancora meta di passeggiate ed escursioni: una grande area, un parco naturale ricco di flora e fauna selvatica, che si chiama lama Balice.
Ciò che non posso dimenticare di quei pomeriggi era la spensieratezza di mia madre e la nostra euforia, finalmente potevamo giocare senza freni.
Le margherite gialle, a volte, erano veramente migliaia, un tappeto meraviglioso che ti riempiva gli occhi e ti donava gioia anche semplicemente a guardarlo.
Durante quelle piccole gite mia madre ne raccoglieva veramente tantissime.
Se poi avanzava un po’ di tempo lo si dedicava alle erbe ed ai frutti spontanei.
Per chi è competente e sa riconoscere queste prelibatezze, la campagna diventa un posto prezioso, pieno di scoperte, ricco.
Si fa presto a dire "fave e cicorie".
Ma quali cicorie sono le migliori per questa pietanza così umile e semplice, ma così apprezzata?
Ecco qui entra in campo l'esperienza e la bravura: esistono cicorielle spontanee, sivoni, finocchietto, portulaca e molte altre erbe commestibili di cui non conosco i nomi.
Mia madre preferiva utilizzarne di diversi tipi e dopo averle lavate ripetutamente e con cura, le cucinava, tutte insieme, in abbondante acqua. Per completare questa ricetta non sempre utilizzava le cosiddette fave bianche o favetta, ma semplicemente le fave a cui veniva conservata la "buccia", che erano più economiche.
Devo ammettere che io odiavo letteralmente questo piatto, restava dal pranzo alla cena, lì sul tavolo, fino a quando non lo mangiavo. Altri tempi.
Crescendo ho imparato ad apprezzarlo molto ed a prepararlo anch'io, utilizzando le cicorie del fruttivendolo, naturalmente e le fave bianche perché quelle con la buccia sono meno commerciali e non si trovano facilmente.
Durante il periodo dei fichi ne raccoglievamo parecchi, da mangiare sul posto o a casa o da seccare al sole per poi rielaborarli e trasformarli in un dolce natalizio che si chiama "chiacone" o in un ottimo vincotto da utilizzare sulle cartellate.
Sul finire dell'estate, poi, in questo luogo vi era abbondanza di fichi d'india. Piante enormi ricche di frutti da maneggiare con cura perché pieni di spine. Esiste una tecnica per privarli della buccia e dopo averli tenuti per un po’ in frigorifero potevamo mangiarli come un dessert dal gusto particolare.
Non ricordo in quale stagione, ma vi erano diversi arbusti di un frutto abbastanza raro, che non si trova assolutamente in commercio, il corbezzolo. Questi frutti rossi e gialli, oltre ad essere uno spettacolo della natura, sono veramente ottimi.
A volte mia madre riusciva persino a trovare delle orchidee selvatiche, sui toni del fucsia o viola, ma lei decideva di non raccoglierle, riteneva più giusto lasciarle nel loro habitat proprio perché pregiate e rare, per evitare che si estinguessero, cosa che, secondo me, per alcuni esemplari, sarà accaduto.
Mentre eravamo in campagna per alcune di queste erbe c'era un detto o comunque un riferimento alla vita quotidiana.
Piccole gocce di saggezza che mia madre elargiva come dei moniti, delle raccomandazioni, dei consigli per metterci in guardia.
Ci ripenso spesso.
Ero una bambina di circa 7 o 8 anni, eppure alcuni di questi li ricordo in modo particolare perché veramente si adattano ad alcune situazioni o persone e mia madre ce li diceva spesso.
Per esempio la gramigna: è un'erba infestante difficile da estirpare e che può fare danni lì dove decide di crescere. Per questo si dice di una persona che è "come la gramigna" se è fastidiosa e se è difficile liberarsene.
Oppure la zizzania, che si insinua nei campi di grano, perché è molto simile, ma che non è commestibile anzi al contrario può rovinare tutta la coltivazione.
Questo modo di fare, mettere zizzania, è molto comune e capita, di frequente, che una bella circostanza, una bella amicizia, vengano, per così dire, rovinate da maldicenze, critiche, pettegolezzi.
Si mette zizzania per creare, volutamente, divisioni e discordia là dove magari si è creata, invece, una bella armonia. Accade sovente in ambienti di lavoro, in famiglia, in gruppi di amici. Ed è un peccato perché, inevitabilmente, crea disagio, malumore se non addirittura sofferenza soprattutto se non ci sono spiegazioni o chiarimenti.
Mia madre, a modo suo, cercava di proteggerci, evitarci qualcosa che, sicuramente, era capitato anche a lei e le aveva procurato momenti infelici.
I suoi pomeriggi all'aria aperta, infatti, le servivano per riossigenarsi, per compiere una sorta di ricarica di benessere, nutrendosi di sole, colori e profumi.
La Fiat 124 celestina di mio padre, al nostro rientro, era stracolma di secchi e cesti che contenevano di tutto. Nel giro di poco tempo la nostra casa era piena di vasi con le margherite che, con grande attenzione, mamma distribuiva in ogni angolo. E le margherite avanzate le avvolgeva con carte colorate riciclate o semplicemente con fogli di giornale: con abilità e maestria creava piccoli e grandi bouquet che donava a tutto il vicinato.
Qualcuno, qui in paese, se la ricorda ancora: la signora dei fiori.
www.pressinbag.it è una testata giornalistica iscritta al n. 10/2021 del Registro della Stampa del Tribunale di Bari del 10/05/2021.
Per qualsiasi informazione o chiarimento non esitare a contattarci scrivendo ai seguenti indirizzi