La scuola è terminata, le giornate si allungano, l’aria è ormai calda, il parco si ripopola di persone di qualsiasi età,
soprattutto bambini e ragazzi. Mi ritornano alla mente i miei figli che giocavano con altri bambini che neanche conoscevano, felici spensierati incuranti di ciò che c’era intorno, fino a sera instancabili, con tutta l’energia e la vita davanti a sé quando il tempo pareva infinito.
Torno ancora più indietro nel tempo. Ritorno alla mia infanzia, quando i genitori riuscivano a trovare il tempo e il modo per dedicare attenzioni ai figli, perché quello era il loro compito: educare, guidare, ascoltare e sostenere. Ora invece in molti genitori regna l’indifferenza, l’egoismo elevato all’ennesima potenza, i figli sono spesso parcheggiati in scuole, campi estivi o palestre, scuole private fino a tardo pomeriggio e mi chiedo, alla fine cosa resta della relazione familiare? Il nulla. Non ci si preoccupa più di quello che fanno durante la giornata, magari gli si chiede, cos’hai fatto oggi a scuola? Ma in quanti ascoltano con attenzione la risposta, chi si ritaglia uno spazio di intimità con i figli, chi può consapevolmente dire di conoscerli dato che il tempo passato insieme fino al momento di andare a letto brucia liquefatto come lava di vulcano.
Giostrine, altalena, la casetta con le scale, la bicicletta, lo scivolo.
Chi ha paura, chi è spavaldo, emozioni contrastanti, bimbi di età diverse che giocano insieme e in alcuni emergono già tratti della loro personalità, che è appena in embrione o solo verde germoglio. Piccole anime si confondono e nascondono dietro i cespugli e tra i fiori, gemme speciali che stanno per sbocciare. Che bello vederli giocare insieme. “Ti farò arrivare fino alla luna” “Dai, ti spingo ancora più forte”, “No! Basta, ho paura fammi scendere”, “Lei mi ha fatto male”, “Voglio giocare anch’io!”. E dondolano, corrono, saltano, giocano, ridono, si abbracciano. E ancora indietro nel tempo e nello spazio rivedo i figli giocare, me stessa a seguirli con lo sguardo, a immaginarli da grandi con la speranza che non si lascino sopraffare da cattive compagnie e crescano come bravi ragazzi educati e rispettosi degli altri. Ora guardo figli dell’oggi lì sotto gli occhi non proprio vigili delle loro mamme che chiacchierano tra di loro sedute sulle panchine. Lo scenario d'insieme? Ognuno cerca e si ritaglia il proprio spazio. Più in là sulla panchina due innamorati abbracciati si scambiano sguardi di complicità ed effusioni, sogni, promesse.
Laggiù sotto un albero invece una coppia litiga, emergono manifestazioni di intolleranza nei confronti dell’altro, ché oggigiorno, il livello di sopportazione tra le coppie pare essere al gradino più basso, basta poco per dire “Basta, lasciamoci”, incuranti talvolta persino della vita dei figli che poi dovranno dividersi tra mamma e papà, figli di una generazione più debole che vive le relazioni in modo frettoloso e superficiale, incapace di gestire emozioni e discernere tra ciò che è giusto o sbagliato. Una coppia di anziani, seduti su un'altra panchina, uno accanto all’altro, quanti ricordi nella loro lunga vita, testimoni che hanno vissuto evoluzioni di pensiero, cambiamenti epocali legati alle loro esperienze di vita e si confrontano ancora e ancora sull’attuale modo di relazionarsi ed agire degli adolescenti e delle giovani coppie, così lontano da ciò che hanno affrontato “ai loro tempi”, quando invece le persone erano più semplici e spontanee, parlavano e parlavano delle loro esperienze, del loro agire quotidiano, vivevano la comunità e il vicinato in modo sereno, aiutandosi l’un l’altro, condividendo il tempo, lo spazio, le emozioni.
Più in là si gioca con la palla. Che bello credevo che ormai fosse un gioco superato e invece c’è chi calcia ancora sfidandosi in due o in squadra, antico gioco eterno, come l’infinito e vorticoso scorrere del tempo rotola la palla senza fermarsi, ribaltando i pensieri, riprendendo il movimento incessante del nostro pianeta che custodisce impronte tracce del passaggio su questa terra di ognuno di noi.