Lei attende nella piccola sala, drappi a coprire gli spazi laterali per rivelare la sua imponenza. Aspetta che il visitatore si avvicini, lentamente.
Eccola manifestarsi, in tutta la sua altezza, in tutta la sua bellezza. Il corpo di una statua in pietra leccese, alta tre metri e venti centimetri, le manca un braccio e la testa, non ancora ritrovati, i resti, sepolti per secoli, protetti dai massi posti dai Romani come a voler preservare, conservare, tramandare. Sepolti sotto le mura fortificate, cancellati i segni delle precedenti popolazioni.
Atena, restituita alla luce del sole dagli scavi diretti dal professore Francesco D’Andria, aspetta nel Museo Archeologico nel Castello Aragonese di Castro che la sua storia sia svelata. È Atena o solo una delle tante cariatidi di un tempio dedicato a qualche altra divinità con il nome che inizia con la lettera emme? Presto per dirlo ma le ultime ipotesi vanno in questa direzione, spiega l’appassionata guida che descrive con maniacale precisione oggetti rinvenuti nella campagna di scavi e tutto ciò che rivive nel museo. Il ritrovamento della testa scioglierebbe il dubbio, se la parte superiore fosse piatta significherebbe che il tempio era dedicato ad altra divinità, sempre femminile perche è stato rinvenuta anche la parte superiore di un braccio, in marmo, con un vestito importante e alcune iscrizioni su un vaso.
Atena aspetterà che altri sciolgano dubbi, lei con il suo peplo, abito pesante drappeggiato dalle sfumature rosse, le ciocche di capelli arricciati sulle spalle e la treccia, resta silenziosa e imponente si lascia osservare, studiare, ammirare. Lei che viene dal passato, probabilmente opera di artigiani di Taranto del IV secolo avanti Cristo, aspetta ancora un futuro. Nella sala circolare del museo un bronzetto sempre del IV secolo a,C. , alto 12,4 centimetri rinvenuto nell’area del santuario raffigura la dea Atena Iliaca.