Hanno acceso le luci quando il sole era già tramontato, sottili strisce di led hanno messo in risalto parole che di luce risplendevano già.
Le parole quelle di Antonio Leonardo Verri, poeta e intellettuale salentino scomparso troppo presto. Hanno trovato posto sui muri perimetrali del Museo Sigismondo Castromediano di Lecce. Sono lì perché tutti possano leggerle, anche quando si resta incolonnati nel traffico e non si sa a quale santo rivolgersi.
Chissà cosa ne avrebbe pensato Antonio Leonardo Verri di vedere suoi fogli di poesia incorniciati in una luce che si spegne quando chiude il museo.
“Fate figli di poesia, poeti vendeteli e poi ricominciate”.
“Mi sfugge molto, quasi tutto, il corpo non trovo le mie mani la mia bocca. La mia storia”.
“C’è un castello di cotone una cattedrale di riso, un vascello di marinai che amano il mutamento e non altro”.
Sono solo alcune delle parole di Verri scelte per essere lette da chiunque passi dalle strade affollate tra la Camera di Commercio, la Questura e Porta San Biagio. Ma questo è solo l’inizio di un lungo percorso per far conoscere Verri e che proseguirà nei prossimi mesi.
“La mia testa era un globo e correvano utopie in essa”, e sì perché lui, il poeta, era un visionario. Ha immaginato e avviato il superamento di un confine troppo chiuso e stretto di un Salento ripiegato su se stesso. Ha tracciato una strada che qualcuno ha seguito dando spazio alle sue idee. Qualcuno.
“Ecco vedete scorro la pagina/ disincantanti ma quanta voglia/ di affondare le mani nel sangue/ di servi sui lacchè/ candidi di cultura di chi ha/ immalinconito la mia gente senza voce/ con gesti e suoni trepide/ speranze sangue e nient’altro/ le morti lente per un Cristi senza/ volto nei costoni di cava tra parole/ tempietti e cianfruse e il niente./ Quanta voglia di sprezzare e spezzare/ spazzar via. Essere lupo”.