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Paz, io sono moltitudine

Paz, io sono moltitudine

Per fortuna ci sono io che sono una moltitudine. Vero. Una moltitudine, un talento incontenibile, già dal nome: Andrea Michele Vincenzo Ciro Pazienza

che di sé disse: “Disegno poco e controvoglia… Mio padre, anche lui svogliatissimo, è il più notevole acquerellista che io conosca. Io sono il più bravo disegnatore vivente.”

E’ nato talento indiscusso, a diciotto mesi disegnò un orso, quando ogni bambino dice “mamma e papà” lui diceva “catta e bia”. Quella carta e matita con la quale ha disegnato l’impossibile.

Aveva una innata forma di delicato rispetto nei confronti della grandezza e del talento altrui, come quando, come narra la favola, non si laureò al Dams di Bologna perché  non aveva il coraggio di sostenere l’esame di Estetica con il professor Umberto Eco, ma al contempo è sempre stato sicuro del suo talento. Quasi sfrontato. 

Quando sempre Eco guardò alcune sue tavole, lo segnalò ad Oreste Del Buono (responsabile della rivista Linus) che definì i suoi disegni “non adatti”. Pazienza sapeva benissimo di esserlo. Di essere adatto a fare qualsiasi cosa con una matita in mano. Così con l’impeto che lo contraddistingueva andò nella redazione di Linus con una cartella piena di disegni a colori. Li sottopose alla direttrice Fulvia Serra che ne rimase stupita: “Scrittura e disegni erano meravigliosi, mi catturarono già dalla prima lettura. Una storia vera quanto incredibile di bellezza e contorsioni. Bloccai la stampa di Alter Alter, la testata nata come Alterlinus per un vezzo dell’editorialista Oreste del Buono. Chiesi di sostituire dieci pagine con la storia di Andrea e sul numero di aprile esplose l’avventura di un nuovo autore: giovane, bello, irripetibile”. Nacque così Pentothal. Un successo inimmaginabile. Solo Hugo Pratt, che tra l’altro fu conquistato dal talento del giovane Pazienza, veniva pagato più di lui. Nacque il mito. Tutti volevano un disegno di Pazienza. Tutti volevano conoscerlo. Tutti volevano dire di essere sui amici in quella Bologna libera e anticonformista. 

Lui per amici aveva Tano Liberato e Pier Vittorio Tondelli.

C’è un momento preciso in cui Pazienza, diventa il mito vivente osannato da tutti. Quando mette a nudo la sua anima attraverso il suo alter ego.

Pazienza non aveva creato un mondo tutto suo, nel mondo reale era completamente immerso e forse è questo il motivo per cui tutta una generazione l’ha amato e l’ha sentito vicino come pochi altri. Pazienza sentiva quello che sentiva ogni studente, ogni operaio. Sentiva il senso di smarrimento, di impotenza, la voglia di amore. Sentiva tutto, anche troppo. 

Così il momento che l’ha reso grande come artista è stato lo stesso in cui si è sentito piccolo e impotente. Era l’11 marzo del ’77, piena contestazione studentesca, alcuni studenti di sinistra irrompono durante un’assemblea di Comunione e Liberazione. La polizia interviene, uno studente di 24 anni viene ucciso da un poliziotto. Le proteste di gonfiano sino alla follia, sin quando Cossiga decide di mandare i carri armati nel centro di Bologna. Pazienza rimane stordito, l’unico modo che conosce per mettere fuori le sue emozioni sono i disegni, si siede e per tutta la notte traccia linee e curve. Nasce una delle sue tavole più forti, Pentothal con il viso quasi coperto dalle sue braccia, gli occhi sbarrati, la radio che diffonde le notizie sugli scontri, il carro armato di Cossiga in primo piano e lui che dice “compagni stasera alla fine delle assemblee non disperdiamoci” e poi il pensiero, quel pensiero che ha fatto storia “Tagliato fuori, sono completamente tagliato fuori”.

Erano tempi in cui una rivista di fumetti già in fase di stampa prendeva la decisione di aspettare la revisione di quell’unica tavola. La decisione di aspettare tutta una notte che un disegnatore di 21 anni ridisegnasse un terribile disgustoso frammento di vita reale. 

Il resto è storia. La sua moltitudine. 

Ha disegnato per Frigidaire, Il Male, Linus, Tempi Supplementari, Tango, Zut. E’ stato docente alla Libera Università di Alcatraz di Dario Fò. Ha realizzato cartoni animati, pubblicità, videoclip. E’ sua la copertina del disco S.O.S. Brothers di Enzo Avitabile, ha lavorato per il cinema realizzando i manifesti de “La città delle donne” di Fellini, “Novecento” di Bertolucci, ha scritto insieme a Benigni “Il piccolo diavolo”, anche se non comparirà tra gli autori, Benigni si limitò a dedicargli il film.

Ha creato Pentothal, ma anche Zanardi. Quando entrambi non sono riusciti a contenere quella moltitudine ha realizzato Pompeo, Campofame ispirato ad una poesia di Robinson Jeffers. 

Disegnò Sandro Pertini sulla copertina de Il Male, e il presidente in persona lo chiamò per chiedergli di donargli quella tavola. 

Ebbe un rapporto conflittuale con il padre, ma alla fine quasi riuscì a realizzare uno dei suoi sogni, una mostra congiunta dei loro lavori. Purtroppo non riuscì a vederla, morì pochi giorni prima della sua inaugurazione a Peschici.

Nel mezzo tanti pettegolezzi sulla sua vita, i suoi eccessi, sul modo in cui cercava di mettere a tacere i demoni interiori. Solo un contorno di quella grandezza, e si Andrea, per fortuna che ci sei tu che sei una moltitudine.

 

 

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