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Dino Battaglia, quando il disegno diventa arte

Dino Battaglia, quando il disegno diventa arte

“Il lavoro di Battaglia ha dell’incredibile. Mi ha sempre colpito la maniera roboante con la quale riusciva ad utilizzare il pennino. Battaglia come artista era uno che riusciva a colpire tutti i cilindri, per usare un’espressione americana: vuol dire che riusciva a suonare a ogni singola nota di un pianoforte fino a comporre qualcosa di straordinario e perfetto. Ogni volta che ammiro la sua arte ne sono assolutamente travolto.”

Per parlare di Dino Battaglia partiamo dalle parole di Frank Miller, guru mondiale del fumetto (autore di Elektra, Ronin, Sin City, Batman il Cavaliere Oscuro).

Definirlo “padre del fumetto italiano” come tante volte è stato chiamato è davvero troppo riduttivo. Chi non lo conosce dovrebbe andare a guardare le sue tavole, e scoprire un genio assoluto che con la matita in mano era in grado di creare un mondo intero racchiuso in un foglio. I dettagli, la precisione, la forza e la potenza dei suoi disegni lascia senza parole. La moglie, la colorista Laura De Vescovi ricorda che “disegnava in maniera rapidissima”, che le sue matite “erano perfette” e che “non c'era nulla di troppo”. Ed è esattamente la sensazione che si prova guardando le sue tavole. Il foglio bianco si riempie di particolari, ma non esistono sbavature, non c’è caos, tutto si incastra alla perfezione. Tutto è nitido in Battaglia, anche l’ombra. Tutto è poesia, due figure di spalle incorniciate da una enorme luminosa luna, più che una tavola, un quadro. 

“Tutto quello che ha fatto, in ogni caso, è stato grande: qualunque fosse il mezzo, qualunque fosse l'obiettivo, chiunque fosse il committente…un artista che sapeva muoversi con la stessa abilità e con la stessa eleganza, sia quando rivisitava i racconti gotici di Poe e le vite dei santi sia quando ricreava gli universi realistici dell'avventura esotica e quelli fantastici della fiaba. Considerarlo un maestro, oltre che un amico, è sempre stato per me il modo migliore per ricordarlo” ha detto di lui l’amico Sergio Bonelli. Battaglia amico di Hugo Pratt e Sergio Toppi inizia a disegnare prestissimo, i primi lavori su Asso di Picche, poi verranno L’Intrepido, L’Audace, il Daily Mirror, Il Corriere dei Piccoli, Il Giornalino. Nel 1967 con Moby Dick raggiunge la maturità artistica che lo porta a cimentarsi con la trasposizione grafica di grandi classici della letteratura, Edgar Allan Poe, Howard Phillips Lovecraft, Robert Louis Stevenson, Ernst Theodor Amadeus Hoffman, Guy de Maupassant. Se da un lato disegna la paura, il terrore, il lato gotico e oscuro della vita, dall’altro intaglia soldatini di legno per l’amico Bonelli. Per amore decide di non trasferirsi in Argentina con il gruppo di Asso di Picche, rimane in Italia dove continua a disegnare e ad amare la sua Laura.

Quasi tutto il suo lavoro è stato un capolavoro, come l’uomo ripiegato su se stesso preso da “quello spaventoso dramma di resurrezione e di morte” con quel volto di donna-morte che lo giganteggia. O ancora nell’ispettore Coke, (l’eroe di carta da lui inventato) basta una sola tavola a comprendere la sua grandezza, l’uomo che allarga le braccia al muro a scacciare le due ombre che sembrano inghiottirlo. Si possono sprecare tante parole su Battaglia, lui che le parole le ingrandiva, storceva, contornava per dare ritmo e forza alla sua narrazione. In lui le parole diventavano disegno.

Lui che portava una linea a fare una passeggiata.

 

 

 

 

 

 

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