Un seme cresce diventa foglie, rami, fiori, pistilli, fusti, radici. Tutto è già, quando ancora non si è mostrato al mondo.
Come un verso letto in una poesia di Sandro Penna “Amore in elemosina chiedendo/andavo per la strada polverosa/e il sole mi rideva intorno, intento/a una mia novità meravigliosa”, quell’amore in elemosina chiedendo scandisce la crescita di quel seme, l’alternarsi delle stagioni in una intera vita, poi spuntano altri versi, da un’altra voce “Lento sorridi al riflettore, attento/ amore in elemosina chiedendo./Di me non sai. Non sai della tua eco/entro una barca vuota, ombra nell’ombra”. Torna l’amore in elemosina e nasce un verso, “Di me non sai” e quel verso cresce, germoglia sino a diventare albero. Raffaele Cataldo, originario di Acquaviva delle Fonti, voce di quei versi, ha visto il seme diventare albero. Di me non sai diventa un libro, il suo primo libro, pubblicato dalla casa editrice Accento e presentato a Bari alla libreria di quartiere Campus. Una storia di relazioni che si inceppano, tre cuori che si sfiorano e poi si perdono
Come nasce Di me non sai?
Nasce un po’ dalle mie esperienze personali, penso che in una storia si possa entrare in tanti modi differenti. Per me è come se avessi incontrato uno dei due personaggi, Davide un ragazzo di vent’anni, ero in viaggio a Dublino, c’era un ragazzo sdraiato per terra sotto un lampione, un giovanissimo senza tetto, accanto aveva una buccia di banana, uno zaino pieno di vestiti e indossava un giacca vento dello stesso colore della mia. Guardandolo ho pensato: questo ragazzo sarei potuto essere io. Per tanti anni ho provato a scrivere la storia di questo ragazzo che vedevo abbandonato per strada. Ho provato a scrivere tanti racconti, all’inizio erano ambientati nella Dublino dove l’ho incontrato, ma poi ho capito che dovevo portarlo nella mia terra d’origine, in Puglia per provare a raccontarla. Questo romanzo è quello che ho immaginato potesse essere la storia di questa persona, unita a esperienze personali. È anche la misura di come è cambiato il mio rapporto con la Puglia da quando sono andato via, ormai vivo a Torino da quasi 10 anni. Questa storia è stata un po’ il mio ritorno a casa.
È il tuo primo libro?
Sì questo è il mio primo libro, è stato un lavorio abbastanza lungo, una gestazione complicata quasi sette anni. È stato un incontro felice con la casa editrice Accento che ha alle spalle l’esperienza di Matteo B. Bianchi che conoscevo come autore, come podcaster di Copertina e come scopritore di nuove voci e sapevo di affidarmi a qualcuno che avrebbe potuto dedicare attenzione alla mia storia e prendersene cura.
Come ogni pugliese sei cresciuto pensando che i sogni non si realizzano quasi mai. Com’è stato sfatare questa granitica sentenza con cui cresce ogni meridionale?
È una cosa che ho desiderato e sognato per tanto tempo mi sembra strano definirmi esordiente perché questa storia era reale, era nella mia testa per tanto tempo. Adesso vederlo pubblicato mi crea un senso di irrealtà. Finché la pubblicazione resta una idea, un sogno resta tua, ma quando viene pubblicato smette di essere tua ed è esposto al giudizio e allo sguardo di tante persone. È un modo di liberarti di una storia che in qualche modo ti infesta, che ti abita per tanto tempo e ora sta vivendo la propria vita io sento di non aver poi così tanto da dire su questo libro ma piuttosto di ascoltare dal lettore cosa ne ha tratto, cosa ne pensa. Sì è un sogno che si è avverato ma mi è costato tanto lavoro, tanto sacrificio ci sono stati momenti di scoraggiamento e poi altri di ripresa, io ho continuato a crederci e credo di aver aspettato il momento giusto. Non ho proposto il libro a molte persone , a molte case editrici, ma non appena ho saputo di questa nuova casa editrice nata nel 2022, ho sentito che era quella giusta. Si tratta anche di trovare l’interlocutore giusto e il momento giusto.
Questa storia è come uno switch off, un te che sarebbe potuto essere. Ci sono altri te che stai pensando di raccontare?
Sì sto lavorando a una nuova storia, ma sto cercando di allontanarmi dalla mia comfort zone dell’identificazione di personaggi che possono avere più o meno la mia età o aver vissuto più o meno le mie stesse esperienze. Mi piacerebbe per il prossimo libro esplorare personaggi diversi da me per poi trovare una connessione, quella è la sfida che mi propongo per il prossimo libro.
Ultima domanda, che cosa ti ispira?
Sicuramente una cosa che mi hai ispirato molto per questo romanzo è il paesaggio, la natura pugliese ci sono molti passaggi in cui descrivo la nostra terra, le nostre campagne che sono apparentemente monotone, siamo abituati a vederle come distese di ulivi e invece mi sono reso conto che è un terreno ricchissimo di vita e di forme che noi ignoriamo, non conosciamo. Quella è una cosa che mi commuove sempre, la vita vegetale che in questo romanzo diventa quasi un linguaggio amoroso che i personaggi si creano. Il contatto con la terra nel senso più stretto del termine è una cosa che mi ispira sempre.