Liza Ginzburg vede per la prima volta Jeanne Moreau sullo schermo di un cinema di Trastevere
quella donna così forte, seducente, intelligente, calorosa le entra nella mente.
Deve scrivere di lei. Lo farà qualche anno dopo, per la collana Mosche d’oro di Giulio Perrone editore, curata da Giulia Caminito, Viola Lo Moro e Nadia Terranova scrive Jeanne Moreau, 193 pagine che raccontano un innamoramento, quello del mondo nei confronti di Jeanne Moreau.
Lo fa ricordando ciò che di lei hanno detto i più grandi del cinema che con lei hanno sognato e lavorato, come Truffaut “Jeanne Moreau è appassionata e appassionante. Ogni volta che la immagino a distanza, la vedo che legge non un giornale, bensì un libro, perché Jeanne Moreau non fa pensare a un flirt, ma all’amore” oppure di Marcello Mastroianni “Era sempre alla ricerca dell’amore, dopodiché lasciava le sue vittime sul bordo della strada”.
Stare dentro alle cose era il suo grande talento innato, la recitazione, gli amori, le amicizie, la vita. Non recitava, non fingeva, non indossava alcuna maschera. Lei era.
Marguerite Duras per il numero di Vogue del 15 novembre 1965 tracciò un imponente ritratto dell’amica, scrivendo tra le altre cose “Ammirata come nessun’altra, attorniata come nessun’altra, Jeanne Moreau pone il problema della solitudine della donna”.
Troppo al di là per accontentarsi, per rimpicciolirsi agli occhi del mondo, grandiosa, in ogni cosa che ha fatto. Luis Bunuel parlando della sua interpretazione in Ascensore per il patibolo disse “Ringraziamo Louis Malle per aver mostrato al mondo la magnificenza di Jeanne, e per averlo fatto attraverso quell’andatura”.