Visioni d'insieme

Autobiografia di una rivoluzionaria

Autobiografia di una rivoluzionaria

Angela Yvonne Davis nasce a Birmingham il 26 gennaio del 1944 e da allora non si è mai fermata.

Ha marciato, urlato, combattuto per i diritti degli afroamericani, delle donne, dei detenuti, degli emarginati e della classe lavoratrice. Nel 1974 scrive la sua autobiografia riuscendo a parlare molto poco di sé e tanto delle lotte che lei, insieme ad altri hanno portato avanti in quegli anni.

Accusata di rapimento, cospirazione e omicidio è stata molto platealmente arrestata per poi essere assolta con formula piena.

Nel mezzo tutto ciò che è successo negli Stati Uniti, ma anche nel resto del mondo visto attraverso i suoi occhi, di studentessa di filosofia prima e di rivoluzionaria per sempre.

“Poiché la gran parte dei bianchi ha atteggiamenti razzisti, il nostro popolo tende a vedere i colpevoli in loro, e non nelle forme istituzionalizzate di razzismo, che, rafforzate indubbiamente dai pregiudizi, in sostanza servono però solo gli interessi della classe dominante. Quando tutti i bianchi sono considerati nemici, senza distinzioni, è praticamente impossibile elaborare una soluzione politica”.

Sempre un passo avanti. Lucida, netta, con una visione chiara e ampia che fa risiedere nel rapporto di classe ancor più che di razza la matrice di ogni ingiustizia. Abbraccia, lodandone la “coerente lucidità”  le idee di James Forman che partono dalla tesi che non ci si possa fermare ad una analisi di pelle, ma è necessaria un’analisi di classe. “I rapporti di forza che collocavano i Neri sul gradino più basso della scala sociale nascevano dall'uso del razzismo come strumento della classe economicamente dominante, i capitalisti. Razzismo significava maggiori profitti e, per quanto riguardava i lavoratori bianchi, divisione e confusione”.

Il divide et impera romano declinato all’infinito continua a non essere compreso da chi questa divisione la subisce. Angela Davis invece ne era consapevole.

Uccidono Martin Luther King e lei che aveva ritenuto i suoi metodi troppo morbidi si sentì “debole e impotente, come se stessi affogando. Fui sopraf- fatta da un indefinibile senso di colpa. Avevamo duramente criticato Martin Luther King per la sua rigida difesa della nonviolenza. Alcuni di noi, purtroppo, avevano creduto che la fede religiosa, la filosofia della nonviolenza e l'attenzione volta esclusivamente ai diritti civili avessero fatto di lui un leader sostanzialmente innocuo. Nessuno di noi avrebbe mai immaginato che ad abbatterlo sarebbe stato il proiettile di un assassino. Nessuno di noi avrebbe mai pensato che avesse bisogno della nostra protezione. Non ci eravamo resi conto, credo, che la sua nuova concezione della lotta - estesa ai poveri di tutte le razze, agli oppressi di tutto il mondo - conteneva una gravissima minaccia potenziale per il nemico. Non era una coincidenza, pensai, che quel giorno avesse sfilato in corteo con gli operai della nettezza urbana che scioperavano”.

La sua autobiografia edita da Minimum Fax, con una nuova prefazione della stessa Davis, e tradotta da Elena Brambilla è l’ennesima prova di quanto per combattere l’impero, che sia di natura colonialistica o meramente economica e finanziaria, bisogna unirsi, trovare un punto in comune e andare avanti sino alla fine.

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