La poesia di Ferruccio Benzoni sorprende per sensibilità e delicatezza. Declina i versi in un dialogo in cui il lettore coglie una forza immane.
Amore, natura, solitudine, morte sono temi che Benzoni affronta e sviscera in impressioni che restano nella memoria di chi legge. Un filo di ironia a volte, altre stilettate sapienti, i versi si lasciano afferrare, elaborare, ripetere ad alta voce come suoni che riempiono l’anima. “Fatti una ragione della tua pena/ ̶ s’infuria il cuore ̶ non c’è/ una stagione sola. Torna/ con gli anni non più verdi, rimorde/ al fondo di un inverno si anima/ inesausta una speranza. Ma/ intirizzite le arterie lo sguardo/ risucchiato un pulviscolo fissa/ oltre le dune scomparendo/ non più fertile il mare”.
Benzoni vive nella sua poesia che sopravvive con la memoria e nel ricordo, istantanee intime e profonde. “Ma solo poesie tu scrivi? Chi sa/ se poesia solo. Io scrivo. Se poi/ parli, mi chiedi, allora io vivo”. Animatore della rivista Sul Porto, il poeta di Cesenatico, sorprende con la sua attesa e lo stupore.
“Un finestrino vorrei folgorasse/ silenziosa la cecità dalla neve”, punto senza altro aggiungere ed è un tutto che apre infinite rumorose visioni. Le poesie di Benzoni piccole opere misteriose in cui entrare con passo lieve, quasi sfiorando i versi, ascoltando anche i silenzi tra le parole, cosi potenti. “Sento un canto lontano che muore e rimuore./ Scostati da me madre mia./ E tu, sorella, porta via ogni residuo d’inchiostro./ Non la bianca pagina dolente, dolcissima. Implume:/ Per una volta genuflessa; mai caritatevole./ Eccomi. Giacendo nel sonno ascolterò la neve”.