Il rumore, quello di un albero che brucia, il silenzio quello dei soldati che riposano, l’urlo strozzato quello di una donna che ha perso tutto.
Un incendio ha divorato tutto spogliandola di ogni bene, nel suo vestito nero infinitamente piccola dinanzi alla catastrofe che la circonda, Grecia infuocata, il colore restituisce la potenza di una tragedia.
134 scatti, immagini per raccontare il 2021, le guerre e i cambiamenti climatici, evoluzione ed involuzione di un pianeta troppo abitato, troppo sfruttato. Immagini come ricordi, come racconti, come documenti, come storia che resta immortalata dallo scatto e si traduce in visione, occhio sul reale, per non dimenticare, per riflettere, per pensare che possa anche tutto cambiare.
134 scatti per il World Press Photo, nona edizione a Bari, al Teatro Margherita. Abiti di bambini appesi alle croci per commemorare i 215 corpi di bambini indigeni indiani rinvenuti in una tomba in Canada, è la foto dell’anno, a scattarla Amber Bracken. Puro dolore nel capire quanto sia facile far prevalere il male. Nessun ritratto umano eppure il silenzio è coperto dal rumore sordo di una atrocità senza senso.
Matthew Abbott e il suo Salvare le foreste con il fuoco è la Story of the Year, il racconto di un rito degli indigeni Nawarddeken di West Arnhem Land in Australia che bruciano la terra attraverso la combustione a freddo.
La foresta pluviale di Lalo de Almeida, Isadora Romero e il suo Il sangue è un seme, Charinthorn Rachurutchata e la volontà di ricordare, Jonas Bendiksen e Yael Martinez. Fotografie che raccontano i continenti, che tracciano una via di conoscenza, che aprono spiragli nel buio cieco di chi distoglie lo sguardo.