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La Cripta degli Abati

La Cripta degli Abati

Scendere, dopo aver percorso l’unica navata della chiesa ed aver provato quel senso di sgomento dinanzi alla bellezza che resta ferita.

Lacerata da qualcosa che cade dal cielo, distruttiva. A poco meno di un secolo di distanza restano i segni nonostante la ricostruzione. La guida ci introduce ad una stretta doppia scala, ci invita a scendere, nell’ipogeo, Cripta degli Abati, sotto la Chiesa di Sant’Anna del Lombardi a Napoli. La stanza ellittica nel silenzio incute rispetto, a parlare sono le pareti, con trenta nicchie scavate nella pietra. Prima che la guida inizi il suo racconto si sa già che ci si sta per confrontare con il legame che unisce la vita alla sua fine, la morte.

Il “putridarium”, le nicchie, altro non è che il luogo usato per la scolatura dei cadaveri. La ragazza che ci narra la storia sottolinea che qui “il corpo veniva appeso al piolo e poi venivano praticati dei fori, perché perdesse prima i liquidi, dallo schiattamuorti”. Ed ecco svelata, per chi la ignorasse, l’origine di alcune espressioni “tu possa scolare, tu possa schiattare”, tipica di alcune zone del Meridione.

Nella cripta, sopra le pareti, 25 teche all’interno delle quali riposano teschi ed altre ossa, passato che permane a segnare il presente. Nell’ipogeo, prima di risalire la scala, osservare le pareti affrescate con alberi, la foresta sacra, e ricordarsi che infine la vita non è che un episodio prima dell’inevitabile morte.  E sorridere, mentre ci pare di intravedere in una nicchia, tra le macchie dei secoli, un volto.

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