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Tra luci e colori del Monastero di Santa Chiara

Tra luci e colori del Monastero di Santa Chiara

Le corde pizzicate vibrano di una melodia antica che indulge su un animo offeso dalle barbarie.

É rimasto solo il mare?  Lo stesso di prima, quello blu. Le riggiole maiolicate dei fratelli Massa sprigionano luce e colore e raccontano di una Napoli passata, del mare, dei limoni, del Monte, di un cuore semplice che la guerra ha ferito quasi a morte. 

Ho il cuore scuro, penso a Napoli com’era cantava Giacomo Rondinella e dopo di lui Vittorio De Sica e Roberto Murolo, e se tutta la sua ricchezza era ormai persa? Che poi la  ricchezza di Napoli era il suo cuore e lo è ancora. Sessantaquattro pilastri maiolicati, che sprigionano il profumo dei fiori e dei frutti che ritraggono.

Era una calda giornata di agosto, Napoli offesa a morte ma non completamente distrutta, vide crollare sotto le bombe la basilica di Santa Chiara, si salvò il chiostro d’incanto e meraviglia voluto dalla badessa Ippolita di Carmignano, che anche la regina Maria Amalia di Sassonia, moglie di Carlo III di Borbone, volle contribuire a realizzare. La meraviglia che a Napoli si alterna alle ombre e al degrado continuava a splendere.

Camminare tra gli affreschi, con storie di santi e profeti e giudizi universali.

Ho paura di tornare cantava chi a Napoli aveva lasciato il cuore. Ho paura di sporcare l’incanto di quel rosone, dei frammenti di vetro colorato delle finestre volte al cielo. Ho paura di sporcare quella immagine di sale e di vento che mi ricorda Napoli e i suoi vicoli stretti. Ho paura che questo scrigno prezioso venga distrutto dalla malevolenza, dalla mancanza di grazia.

É stato un re a volerla, la basilica, il chiostro, una piccola cittadella francescana nel cuore della città. Due metà equamente divise tra clarisse e frati. Un re e la sua amata moglie che, leggenda vuole, pianga ancora camminando nella basilica che tanto ha voluto. Era estate, luglio, del 1345 quando morì, lei che pregava incessantemente tra quelle navate, continuò a farlo, indossando un lungo abito e se interrotta portava nel suo regno chiunque la interrompesse. Piange Sancha di Maiorca per esserci e non esserci in quel paradiso in terra, incastonato nella stessa città oscura e perduta della Ortese, la stessa con un afflato di eterno dipinto sui muri. Ho paura di tornare cantava Rondinella, noi no. Torneremo tra quelle mura, quegli affreschi, quelle maioliche, in quel paradiso cirocondato da un inferno che nonostante tutto resiste.

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