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Deflections, deviando ho visto Dio

Deflections, deviando ho visto Dio

Ho visto Dio, distesa su un materasso di gommapiuma, occhiali di carta carbone in viso, visioni laterali, semplicemente diverse da altre.

Dal poggiare il mento su una mano di marmo, per vedere dritto di fronte a se, in lontananza, altare contrapposto, in una chiesa che chiesa più non è. Come di un Dio assente nell’assenza di umanità dalle atrocità delle umane decisioni. Parlare con lui, Dio, è spingere tasti su un telefono che telefono non è ma è assorbimento di spazio e tempo, una luce che divina non è. E non è divino il mare cornice sulla quale appoggiare abitudini e consuetudini, come terre promesse e mai avute, parole non dette.
Se in principio era il verbo ora è l’immagine che il video proietta, sarcasmo amaro, come la vita che felice non è. Dai campi di prigionia, alla parola negata, casa, nel vuoto di questo edificio, ex chiesa di San Francesco della Scarpa a Lecce, la realtà è diversa, è interpretazione artistica. 
Percorso da seguire quello in mostra, Deflections, con le preziose narrazioni introduttive alle opere del curatore Giacomo Zaza. Deviazioni artistiche da seguire, da Antonio Della Guardia, a Shadi Harouni, da Glenn León a Paola Mancinelli, a Lina Selander. Una mostra da vedere prima che arrivi il buio, il silenzio. 
Ho visto Dio distesa su un materasso di gommapiuma, la luce di un faro sugli occhi semichiusi, come percezione di qualcosa che già c’era, invisibile allo sguardo quotidiano di chi è abituato al buio della propria esistenza, imprigionato nell’ ottusità del suo sguardo.

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