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Urami: "Le mie opere hanno un'anima"

Urami: "Le mie opere hanno un'anima"

Intervista ad Urami, artista ceramista e pittrice

Maria Grazia Lombardi, Urami, non ama colloquiare, lascia che le sue creazioni parlino per lei, che esprimano il suo interno sentire, che trasmettano flussi creativi ed emozionali. Lei, ceramista e pittrice, nel silenzio del suo piccolo laboratorio a Triggiano, aspetta che le sue creature prendano forma, maturino, conoscano la passione del fuoco prima di incontrare il visitatore consapevole. Nessuna creazione ha una copia identica, ogni forma ha una propria anima spiega Maria Grazia, mentre una gatta nera riceve gli ospiti da perfetta padrona di casa. Ha un mondo ancora inespresso, Maria Grazia, mentre osserva i suoi dipinti sulle pareti, linee di forza che si concentrano in un solo punto, un quadro che attende di essere terminato dove la luce arriva dall’alto di una finestra per illuminare una natura che riprende il sopravvento su uno scenario postindustriale dismesso. E quella luce illumina anche il tavolo dove pennelli e vernici per ceramica attendono di essere usati ancora una volta mentre nel forno lentamente cuociono nuove forme di vita.

Com’è nata la tua passione?

La passione per la ceramica è nata per caso, per gioco. Per caso ho fatto un corso di argilla alle scuole superiori, così tempo dopo avevo un po’ di argilla e ho provato a darle forma e poi mi ha letteralmente catturata. Quando sono tornata da Roma, dove sono stata tre anni, ho pian piano approfondito questa passione  e ho sperimentato la conoscenza della ceramica che ora è complementare alla mia passione principale, la pittura.

Che cosa ti ispira?

Mi ispira principalmente la natura. La ceramica mi piace perché è più istintiva, naturale, è senza significati particolari, concettualizzazioni che si possono avere con la pittura che è espressione del reale. Le forme che creo con la ceramica vengono un po’ da sole. Mi capita di partire senza una idea definita, è l’oggetto che nasce, indipendentemente da me che sono lo strumento che lo crea. È come se fosse lui che mi guida. Pian piano, manipolando, mi accorgo che inizia a formarsi qualcosa che mi dà l’idea.

Ogni creazione ha un’anima?

Si, assolutamente. Ha un’anima e comunica con chi la osserva.

Cosa vuoi comunicare?

Io vorrei solo che le mie opere aiutassero a riscoprire o valorizzare la natura, l’essenzialità  delle cose eliminando le sovrastrutture.

C’è un quadro sulla parete non ancora finito

 Io ho studiato scenografia all’Accademia delle Belle Arti di Bari, e cercavamo una location per un progetto di scenografia ambientale e io pensai di ambientare un’installazione in una ex fabbrica, una ex acciaieria. Entrata lì ho scoperto una specie di paradiso, un luogo magico, e da allora ho cominciato ad andare in giro per questi posti abbandonati. I quadri fanno parte dei miei lavori personali. Sono come un mio diario, fanno riferimento al mio vissuto reale.

Preferisci parlarci delle tue ceramiche, il re e la regina, l’alveare

Le mie opere sono come creazioni, nuovi esseri. Un nuovo organismo. Vita.

Il re e la regina nascono come riferimento alle prime divinità

L’arte prima cos’era? Era ciò che ci collegava con il sacro, ciò che ci faceva da tramite.  Era un modo per comunicare con un’altra entità. Adesso che abbiamo perso il sacro, l’arte diventa gioco, spettacolarizzazione. L’alveare invece è canalizzazione di energie.

La ceramica è la tua passione

Sì, perché non è solo creazione è attesa, per la cottura per il raffreddamento. Un processo lungo, incontro tra elementi. La creazione prima di entrare nel forno ha già un’anima, ma lì dentro c’è il fuoco che deve dargli una mano. È l’incontro con il fuoco che la completa. E quando esce è pronta per essere decorata. Non bisogna avere fretta, bisogna avere pazienza e poi un’opera non è mai uguale ad un’altra.

Urami è il tuo nome d’arte, perché questa scelta?

Dal punto di vista sonoro innanzitutto. Poi ha le stesse lettere e suono del mio nome. Io non cercavo altro, cercavo me. Poi c’è il mare. C’e Ur la prima città, secondo le leggi astronomiche.

E poi per caso ho scoperto che in giapponese urami significa vedere dietro.

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