Visioni d'insieme

Le notti bianche, Dostoevskij

Le notti bianche, Dostoevskij

Ci sono notti in cui il sole non tramonta su San Pietroburgo, dove il cielo non è mai scuro, ma inspiegabilmente è bianco.

Fëdor Dostoevskij scrive Le notti bianche in appena due mesi, tra il settembre e il novembre del 1848 quando aveva 27 anni. Appena un respiro, poche pagine, un amore impossibile, il sogno, la speranza, la caduta.

Il sognatore e Nasten'ka si incontrano per caso, li separano nove anni, le loro anime destinate a percorrere sentieri differenti, si incrociano per un attimo, forse nasce la possibilità di essere insieme.

“Era una notte incantevole, una di quelle notti che ci sono solo se si è giovani, gentile lettore. Il cielo era stellato, sfavillante, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si chiedeva involontariamente se sotto un cielo così potessero vivere uomini irascibili ed irosi” scrive Dostoevskij della prima notte bianca.

Per un attimo crede, un solo attimo, poi tutto crolla “Dove sono i miei sogni? Ho vissuto? Dove ho sepolto il mio tempo migliore?”.

La disillusione è terribile, ma l’amore per lei è così puro che non può ostacolarla “Che il tuo cielo sia sereno, che il tuo sorriso sia luminoso e calmo! Sii benedetta per quell'attimo di beatitudine e di felicità che hai donato a un altro cuore, solo, riconoscente!”.

La sublimazione del perduto amore.

Le notte bianche è un respiro chiaro, fresco e profondo che ha il sapore dell’amore vero, alto e disinteressato. Quello che ti fa dire “Dio mio! Un intero attimo di beatitudine! È forse poco, sia pure per tutta la vita di un uomo?”.

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