Visioni d'insieme

Una solitudine troppo rumorosa

Una solitudine troppo rumorosa

Cosa resta dopo aver trasformato desideri e sogni plasmandoli alla forma che meglio si adatta alla vita terrena?

Hanta da trentacinque anni pressa carta vecchia. Della sua vita precedente rimangono vaghi ricordi, dopo aver visto tutto quello che ha visto, vissuto nel modo in cui ha vissuto, tra cumuli marcescenti di carta, inchiostri che gli macchiano anche l’anima e topi che muoiono schiacciati nella sua pressa, resta in lui, nonostante ciò, la poesia. La sporcizia e la miseria non lo distruggono, “tutto questo provocava in me uno sbigottimento, a un tratto mi consacrò e io divenni bello a me stesso, per aver avuto il coraggio di non diventar folle per tutto ciò che in quella mia solitudine troppo rumorosa avevo veduto, sperimentato e vissuto con il corpo e con l’anima, mi passava dentro una meravigliata consapevolezza che attraverso questo lavoro mi gettava nello sconfinato campo dell’onnipotenza”.

A salvarlo sono i libri che lui distrugge, ma in migliaia salva, li porta a casa sua, li legge e ognuno di loro è un tassello di quella poesia che si cela nel suo animo. In ogni pacco che pressa, si premura di inserire proprio al centro, nel cuore, un libro di un filosofo classico, aperto ad una pagina dove una frase, un pensiero hanno catturato la sua mente. Sceglie Goethe, Kant, Nietzesche. Altri li vende o li regala a quei personaggi che confusamente cercano una “felicità diversa”.

Bohumil Hrabal nel suo libro Una solitudine troppo rumorosa, edito da Einaudi e tradotto da Sergio Corduas, traccia una linea oltre la quale l’essere umano non deve andare. Nessuna bruttezza, nessun dolore, nessuna miseria può imbruttire l’animo umano oltre quel punto. Neanche in chi vive sottoterra, in una sconfinata solitudine. “Perché io mi posso permettere quel lusso di essere abbandonato, anche se  io abbandonato non sono mai, io sono soltanto solo per poter vivere in una solitudine popolata di pensieri, perché io sono un po’ uno spaccone dell’infinito e della eternità e l’Infinito e l’Eternità forse hanno un debole per le persone come me”. Sono in tanti che vivono una miseria che non li appartiene, che restano ai margini. Lui sa riconoscerli e li celebra “nelle cantine lavorano angeli decaduti, uomini con istruzione universitaria che hanno perduto la propria battaglia, che non hanno mai condotta, e tuttavia continuano a lavorare per un’immagine più umana del mondo”. I libri sono quella vita che nella sua mente risuona libera e alta e senza nulla a senso. Anche il pressare e distruggerli, quei pacchi per lui sono opere d’arte, vede il bello dove nessun altro è in grado di scorgerlo. E anche se ha plasmato i suoi sogni alla vita che gli è capitata, decide alla fine che la sua vita, così come l’aveva modellata era il suo sogno compiuto e nessuno avrebbe potuto togliergliela “così compresi che al mondo non dipende proprio nulla da come le cose finiscono, ma tutto è soltanto desiderio, volere e anelito, somiglianti all’imperativo categorico di Immanuel Kant”.

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