Visioni d'insieme

Le cose che non ho detto, Azar Nafisi

Le cose che non ho detto, Azar Nafisi

Una storia personale, intima, che si intreccia, espandendosi con quella familiare e poi con quella di una intera nazione. 

L’immaginazione è ciò che aiuta a vedere con occhi più indulgenti la radice del dolore e far crescere e fiorire, nonostante tutto, l’amore.

Gli occhi di chi ha posto al centro della sua intera esistenza la fantasia sono quelli di Azar Nafisi che tra Leggere Lolita a Teheran e La repubblica dell’immaginazione scrive Le cose che non ho detto, edito da Adelphi e tradotto da Ombretta Giumelli raccontando la Storia vista attraverso i suoi occhi. L’amato padre, sindaco di Teheran, la mamma bellissima ma vittima di se stessa che riesce a trovare la forza e il coraggio di diventare una delle prime donne elette in parlamento, lo scia di Persia e poi gli ayatollah, Khomeini, la distruzione di un sogno, il suo amatissimo Paese, la fuga negli Stati Uniti, il ritorno e l’abbandono definitivo dell’Iran. Un racconto dolce e amaro al tempo stesso, come la sua vita, fatta di grande bellezza e di una paura sconfinata per quello che potrebbe essere, per l’imponderabilità delle cose, per un destino lasciato nelle mani di un destino violento. E poi l’incapacità di trovare pace con la madre, il crollo del mito del padre. L’intera gamma delle emozioni umane descritte con un certo candore tipico di Nafisi. “Durante la Rivoluzione avevo capito quanto fragile fosse la nostra esistenza, e con quanta facilità tutto ciò che chiamiamo casa, che ci dà un senso di identità e di appartenenza, può esserci portato via. E ho capito che quello che mio padre mi aveva insegnato con l'immaginazione era un modo per costruirmi una casa oltre i confini geografici e le nazionalità, che nessuno potrà mai portarmi via. Quelle storie non hanno potuto ripagarmi o consolarmi della perdita dei miei genitori; ho però una casa che posso portare ovunque con me, una casa dove posso conservare la memoria e resistere alla tirannia degli uomini e del tempo”.

A salvarla da tutto è sempre l’immaginazione, il suo mondo interiore.

Anche la rabbia che la Repubblica islamica avrebbe potuto fra crescere dentro di lei si è tramutata in altro, in qualche modo riconoscenza “…ringrazio la Repubblica islamica dell'Iran perché privandoci del piacere dell'immaginazione, dell'amore e della cultura ci aveva spinto a cercare proprio quelle cose”.

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