Vola, lascia che il vento ti porti su, nel cielo azzurro, finche c’è filo, fino a quando il soffio non si placherà e la tua vita planerà.
Leggera, sfiorando la sabbia. Corrente ascensionale per tornare su e precipitare, in un vortice. Aquilone, vorresti la libertà che non hai, dai staccati dalla corda, fuggi via, approfitta del vento secco di tramontana, liberati dalle catene che ti ancorano qui, su questa spiaggia, alle dune protette. Dai aquilone recidi i legami, vai via, non restare qui, il tuo cielo è più grande, il tuo spazio non ha i confini delle scatole nelle quali siamo rinchiusi. Non pensare al bambino che ti tiene legato, vola via, portami via. Vola via, guarda la terra da lassù, il mare verde che non dona speranze. Tutto è pronto per il tuo viaggio. Lo senti il vento che soffia, lo senti sta arrivando. Cogli il momento, fuggi via. Lasciati andare, volare è un’arte per pochi. Libero, aquilone, libero di non restare a misurare i battiti del cuore.
Leggero, sfiorando le increspature dell’acqua, prendere forza, salire, salire, su, su “staccando l’ombra da terra”, lasciare lo spazio sicuro, sollevare lo sguardo oltre rasoterra, guardare distanze aumentare, dimenticare pesi che ti ancorano al fondo. Taglia la corda, vai via, sì lontano.
Ed ora che sei lassù, un piccolo punto lassù, ridi, come non hai fatto mai. Ridi di noi, comodamente seduti a ripeterci quanto siamo bravi, mentre le catene ci imprigionano a recitare parti che altri scrivono per noi. Ciao aquilone, regalami una tenaglia, perché possa liberarmi anche io dal peso della mediocrità che ci schiaccia.