Visioni d'insieme

Steinbeck, Quel fantastico giovedì

Steinbeck, Quel fantastico giovedì

Tornare nei luoghi di Vicolo Cannery a Monterey in un fantastico giovedì che ha il sapore di un film di Frank Capra.

Steinbeck come pochi altri si sofferma sui personaggi a lui più cari, gli ultimi. Ex soldati, cameriere, prostitute, vagabondi, baristi uniti da una invincibile umanità.

“Anche Dio si rinnova in tanti modi. Gli uomini cambiano e il mutamento sopravviene come una brezzolina che increspa le tendine sul far del giorno, come il profumo furtivo dei fiori selvatici nascosti tra l’erba. Il mutamento può esser preannunciato da un lieve dolore e allora si pensa sia un raffreddore in arrivo. Oppure capita di avvertire una brezza che increspa le tendine sul far del giorno, o infine il mutamento può assumere la forma di una fame che le noccioline non placano. Non dicono che il mangiar troppo sia uno dei sintomi dell’insoddisfazione? E non è quest’ultima la leva del mutamento?” scrive John Steinbeck nel suo Quel fantastico giovedì, tradotto da Giulio De Angelis,  curato da Luigi Sampietro ed edito da Bompiani.

La scrittura volutamente semplice, linguaggio universale per arrivare a ogni persona di buona volontà, parla al cuore di una vita in cui i valori hanno ancora un senso. “Gli uomini sembrano nati con un debito che non riescono mai a pagare, per quanto ci diano sotto. Il debito cresce sempre davanti ai loro occhi. L’uomo deve qualcosa all’uomo. Se egli ignora il suo debito, questo lo avvelena, e se lui cerca di far pagamenti il debito non fa che crescere, e la qualità del dono che l’uomo fa è la sua più vera misura”.

La verità è in ogni riga e parla sempre di amicizia e di quanto si è disposti a fare per mantenerla viva e pura ed è qui che c’è tutta la grandezza di Steinbeck.

“Nessuno sa come l’uomo attinga alla grandezza. Essa può giacere addormentata nelle sue profondità più buie o può piombare su di lui come quei frammenti infocati che vengono da altri pianeti. Comunque della grandezza si sa questo: la necessità le dà vita e la mantiene in azione; non giunge mai senza dolore; lascia l’uomo mutato, temprato, ed esaltato al tempo stesso; non si può più tornare a essere semplici”.

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