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Perdersi nei giardini dei semplici

Perdersi nei giardini dei semplici

Dammi odoroso all’alba un giardino di fiori bellissimi dove io possa camminare indisturbato.

 Tra le sue più fragili foglie Walt Whitman si perdeva tanto quanto il faraone egiziano Tutmosi III che fece realizzare il primo orto botanico della storia, riunendo in un unico luogo tutte le piante medicinali ateniesi e romane, il giardino botanico di Karnak. Antesignani come sempre.

Poi arrivarono gli italiani o meglio un illuminato salernitano Matteo Silvatico dottore della Scuola medica salernitana che a cavallo tra il XIII secolo ed il XIV secolo nel suo giardino dei semplici, il Giardino di Minerva, iniziò a piantare e coltivare piante ed erbe medicinali realizzando il primo orto botanico del mondo occidentale. 

Luoghi di studio, formazione scientifica, sperimentazione, didattica e ricerca, ma anche semplicemente luoghi in cui perdersi e ritrovarsi nella bellezza di tutte le piante del mondo.

Tra i profumi e i colori della salvia e del rosmarino, del giglio e del cumino si nascondevano allora come oggi infinite proprietà medicamentose da scoprire.

I Papi furono tra i primi a voler ricreare l’incanto di un luogo che custodisse tutte le piante officinali. L’orto botanico a Roma, fu iniziato sotto Papa Bonifacio VIII e poi ampliato, migliorato, arricchito sotto Nicola III, Alessandro VI, Pio IV, Pio V, Alessandro VII e Paolo V. Rendendolo un orto che profuma di erbe di giorno e di gelsomino la notte come le case romane dei gladiatori.

Oggi i suoi dodici ettari nel cuore di Roma, tra Trastevere ed il Vaticano fanno parte dei Musei dell’Università La Sapienza. Un luogo imperdibile, dove scoprire il giardino giapponese con la sua collezione di bambù ed una piccola valle dedicata alle felci, il Bosco Mediterraneo, un roseto, e poi le serre come la serra Corsini e quella monumentale.

L’orto di Padova per la sua bellezza e ricchezza è stato dichiarato Patrimonio dell’Unesco. Nato nel 1545 per consentire agli studenti dell’ateneo padovano di studiare sul campo le opere botaniche di Aristotele e Tefrasto è stato nei secoli depredato e saccheggiato di quelle piante semplici e potenti al tempo stesso.

Per salvaguardarlo fu recintato, da mura circolari che ne hanno amplificato i significati filosofici ed esoterici. L ’orto è un cerchio con un quadrato inscritto al suo interno con quattro quadrati detti spalti suddivisi in aiuole dette “areole” disposte in modo da formare disegni geometrici. Negli anni si ingrandì oltre le mura e oggi conserva 3.500 specie diverse da quelle officinali, a quelle acquatiche passando per le varietà velenose e le piante carnivore.

Perdersi poi tra i cedri libanesi e le sequoie centenarie dell’orto di Genova, un ettaro di felci e arboreti. Sorto nel 1803 in un giardino dell’ordine dei Gesuiti conserva al suo interno una delle collezioni di felci più grandi d’Europa, compresa una rara e preziosa felce “fossile”.

Scendendo in Sicilia non si può non visitare l’orto botanico di Palermo, nato per volontà dell’Ateneo cittadino che destinò una porzione del suo giardino alla coltivazione di erbe officinali a fini didattici e medici.

Il più tropicale giardino botanico d’Europa con specie vegetali di origine asiatica, sudamericana, africana e australiana è uno dei più importanti centri di studio universitario. Realizzato fra il 1789 e il 1795 si sviluppa su dieci ettari, dove trovano dimora oltre 12mila piante suddivise in 9 strutture ed ecosistemi ricreando un ecosistema perfetto, tanto che nei secoli molti orti nordeuropei trasferirono a Palermo molte specie da salvaguardare.

Il profumo degli agrumi, dal limone all’arancia, dal cedro al bergamotto vibrano nell’aria dell’orto di Napoli istituito nientemeno che dal fratello di Napoleone nel 1807.

E il resto del mondo? 

Il Nong Nooch Tropical Botanical Garden di Chonburi in Thailandia è il luogo perfetto per fare un viaggio tra Africa, America Centrale e sud-est asiatico restando fermi in un unico luogo. Nelle mille sfumature di verde delle sue piante ci sono quelle delle Cycas in via di estinzione che qui vengono studiate e preservate grazie ad una banca genetica che ne custodisce storia e origine.

Piante giganti che sfuggono ad un unico sguardo si trovano al Kew Gardens di Londra. Tante da non riuscire a conservarne memoria, ma solo l’emozione di quei 121 ettari in cui vivono e fioriscono 30mila specie diverse.

Questo piccolo viaggio tra i giardini dei semplici di tutto il mondo non può che concludersi in Marocco a Marrakech nell’orto Majorelle, voluto dal pittore Jacques Majorelle negli anni ’20. Innamorato della Medina, comprò un palmeto e commissionò all’architetto Paul Sinoir la realizzazione di una villa moresca. Il primo piano divenne la sua casa, il pianterreno fu destinato agli studi botanici e artistici. Per il suo orto invece immaginò “giardino impressionista, una cattedrale di forme e colori, imperniata su un lungo bacino centrale con vari ambienti differenti, dove centinaia di uccelli nidificano. Questo giardino è un'opera d’arte vivente in movimento, con piante esotiche e rare specie, e ornato con fontane, laghetti, vasi in ceramica, sentieri, pergolati”.

Un luogo magico che richiama la cultura berbera e che ispirò al pittore la  creazione del colore blu majorelle, un blu cobalto intenso e vibrante. Il giardino fu poi acquistato nel 1980 da Yves Saint Laurent, conquistato dalla magia di quel luogo. Trascorse lunghi periodi in quel paradiso terreste che ha sempre amato più di qualsiasi altro luogo, tanto da volerci vivere per sempre. Le sue ceneri, per sua volontà, sono state sparse al vento nel bellissimo roseto del giardino.

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