Ondeggiano al vento, dorate si muovono delicatamente, si sfiorano, si carezzano. Emettono suoni non interpretabili, chissà se ridono tra loro.
Forse si solleticano le spighe, sollecitate dalla leggera brezza di maestrale. Il campo di grano “senatore cappelli” tra le coltivazioni nelle campagne di Mottola parla una lingua nuova, sconosciuta, racconta degli incendi che questo anno hanno risparmiato le colture, del verde dei pini e degli olivi che come silenziose vedette piegano le chiome per segnalare sgradite intrusioni. Le cicale nell’assolato pomeriggio estivo intonano un canto monotono e ripetitivo che contrasta con la musicalità di quel leggero fruscio capace di emettere note definite a tratti, e melodia caotica seppur piacevole in brevi spazi temporali.
Un concerto di piccoli suoni investe l’aria quando il vento, curioso, aumenta la sua forza, insinuandosi con energia e disegnando onde nel campo di spighe dorate che risplendono alla luce del sole, così la musica diviene danza di movimenti e si ode quasi un chicco ridere a crepapelle. Ed ecco i cori interpretare nuove storie, la solitudine delle terre, il lavoro duro dell’agricoltore, la passione motore per la sopravvivenza. Cantano, ondeggiano, sotto un cielo azzurro, il sole scalda la pelle, ma loro le spighe sono pronte, attendono la mietitura, nuova vita, nuova meta, nuovo viaggio.
Potremmo aspettare ed ascoltare ancora, fino al tramonto, prima che giunga le sera, ma loro, le spighe, ci invitano ad andare via, chiedono silenzio e intimità. Il vento cala inaspettatamente e tutto tace.