Visioni d'insieme

Rocco Pinto, dai portici al lungomare

Rocco Pinto, dai portici al lungomare

Le parole così importanti nella vita di Rocco Pinto non riescono a stare al passo con i pensieri.

Inizia raccontando un aneddoto, diventa una riflessione, si intreccia con un altro pensiero, con un luogo, con un libro. Il libraio nato in un piccolo paesino della Basilicata, poi diventato il creatore di Portici di carta a Torino, dove oggi vive e lavora come libraio indipendente arriva a Bari percorrendo il ponte che ha costruito, un libro alla volta partendo da quei portici e arrivando sul lungomare di libri di Bari.

In questi anni così difficili, in cui sembra impossibile capirsi quanto i libri possono aiutare a capire l’altro?

I libri sono fondamentali soprattutto con questo nuovo disordine mondiale, ci permettono di capire e di andare un po’ più a fondo. Spesso i giornali non lo fanno, non lo fa la tv, ma ci sono i libri, basta pensare a questo premio Strega saggistica che ha premiato un libro importante Il suicidio di Israele che è un libro che dice che oltre alla forza ci sono anche altri percorsi. Ma non è una cosa nuova, penso all’11 settembre quando le persone si sono riversate in libreria per capire cosa stava capitando e ora con quello che sta succedendo in Iran. La gente ha bisogno di capire, ci sono dei libri che ci spiegano le cose. È uscito un libro sulla Palestina di Rashid Khalid che racconta 100 anni di storia palestinese. I libri fanno questo, ti possono aiutare a capire. Io faccio questo mestiere da tanti anni e devo dire che spesso quando sono in difficoltà ricorro ai libri oppure chiamo un collega che ne sa più di me. Credo che portare in riva al mare un’esperienza come questa sia importante.

Io tra l’altro seguo da 18 anni Portici di carta, la libreria più lunga d’Italia, che è una delle mie creature, aver contaminato Bari è importante. Ovviamente in maniera diversa perché la città è diversa e i librai e libraie sono diversi ma devo dire che hanno raccolto questa contaminazione, l’hanno fatta crescere l’hanno migliorata, per me non c'è gioia più grande che mettersi tutti insieme attorno a un libro. È appena uscito un libro di Chiara Faggiolani che si chiama Libri insieme che spiega cosa significa fare comunità attorno ai libri. C’è il fenomeno dei gruppi di lettura che è esploso dopo la pandemia, non c'è scuola, non c'è libreria e non c'è biblioteca che non faccia gruppi di lettura, sono nati anche nei condomini e sono un altro pezzetto della filiera. Il tema principale è che crescono i festival e i lettori non aumentano forse c'è bisogno di tornare al libro, di far trovare i libri.

Quanto è importante oggi essere una libreria indipendente?

È importantissimo, io faccio di tutto per non affiliarmi a nessuna catena anche se la tendenza è quella, vedere sempre più librerie indipendenti che diventano affiliati o franchising di catena. Dovremmo avere anche noi indipendenti le stesse possibilità che hanno le librerie di catena. In Italia ci sono quasi 4000 librerie, ho visto che c’è una nuova generazione di librai brava che viene messa in condizione di fare questo mestiere che significa aumentare la base dei lettori. In Italia abbiamo appena il 40% di lettori, è pochissimo rispetto agli altri Paesi europei.

Come si fa a farli crescere?

I luoghi della lettura sono fondamentali, non sono i festival che fanno crescere i lettori, ma sono le librerie, le biblioteche, le scuole che funzionano e un territorio dove i libri uno li incontra. Al sud uno su quattro legge, è questa tendenza che bisogna invertire perché se uno non ha opportunità in famiglia, a scuola o in altre situazioni, non diventerà mai un lettore. Se facciamo incontrare i libri con le persone, e i metodi ci sono, qualcosa cambierà. Penso al metodo di Federico Batini con il quale ha dimostrato che leggere in classe ad alta voce cambia le capacità di lettura e comprensione degli studenti. C’è bisogno che questo Paese cambi e investa, cioè non si può pensare che in Puglia, come in tutta l’Italia continuano a moltiplicarsi i festival che drenano risorse - nulla contro i festival - ma forse se una parte di queste risorse vengono utilizzate per scuole,  biblioteche e librerie qualcosa può cambiare. Penso poi al 5% sul riarmo…quante cose si potrebbero fare con quel 5%.

Un libro che per lei è stato imprescindibile?

 

Lessico familiare di Natalia Gizburg, nel linguaggio familiare ritrovavo il calore familiare. Un libro bellissimo secondo me, uno dei libri più belli che ho letto, mi è rimasto dentro. Mi fa pensare alla mia numerosa famiglia, i modi di dire, i modi di parlare che erano solo nostri. Per cui pensare anche a quella Torino di Gramsci, Gobbetti, Antonicelli, Pavese, di Natalia Ginzburg, Giulio Einaudi.

Vivo a Torino da tanti anni, ma arrivo da un paesino dalla Basilicata e se non fossi venuto a Torino, magari non sarei diventato un lettore. Torino mi ha dato la possibilità di crescere e di fare quello che faccio, però, secondo me più ci contaminiamo e più forse questo Paese cresce.

Un consiglio ai lettori

Non fidarsi solo della rete, è importante, ma bisogna entrare nelle botteghe,  essere più curiosi, osare. Tutta la mia storia ruota attorno alla parola osare. Io lavoravo in una libreria universitaria, ho iniziato a organizzare incontri balbettando, sbagliando i congiuntivi, ma poi a furia di osare, mi sono reso conto che sono riuscito a fare delle cose che mi hanno portato lontano dalla mia libreria. Ho conosciuto la libraia di Marrakech Jamila Assun che girava il Marocco, le sue zone povere e rurali con un R4 piena di libri e ha fatto poi nascere una carovana agibile. Io sono stato fortunato, quando incontri queste storie, cerchi di restituire quello che hai ricevuto. Io l’ho fatto scrivendo un romanzo che si chiama Viaggi di carta in cui ho raccontato di Jamila e delle belle persone che ho incontrato.

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