Cresce in un contesto familiare aperto e moderno, la zia Lala era sempre in giro per il mondo,
zia Josephine è stata la prima studentessa a laurearsi alla Columbia School of Medicine, la sorella Ettie la prima donna ad addottorarsi in Filosofia all’Università di Edimburgo. Florine Stettheimer è un’artista, lo sa da subito, dopo aver visto Flora di Botticelli la ricrea a modo suo con la tecnica del painting dejà-vu, in seguito si innamora del balletto russo e realizza le scenografie di Four Saints. È una artista che affonda i piedi nella tradizione classica puntando lo sguardo verso l’avanguardia più lontana.
Eloisa Morra nel suo Accendo la mia luce e divento me stessa. Florine Stettheimer illumina la figura di un’artista incredibile che ha vissuto così come ha creato arte. Nel suo libro edito da Electa per la collana Oilà, Morra ripercorre la vita di Stettheimer dall’avvicinamento alla Harlem Renaissance al momento in cui con estrema naturalezza sbigottisce l’America puritana con un autoritratto in nudo integrale.
In poche pagine appassionate si percepisce tutto l’incanto dell’artista e l’amore della scrittrice per lei. Cita le parole di Carl Van Vechten “Era una persona del tutto autocentrata e dedita al lavoro Non ispirava amore, né affetto, né una calda amicizia, ma suscitava interesse, rispetto, ammirazione ed entusiasmo” delineando così i contorni di una donna fuori dai canoni del tempo.
Morra parla degli incontri con Gertrude Stein, Duchamp, Dorothy Parker, Picasso, Georgia O’ Keeffe e di tutto ciò che c’è stato nel mezzo.
Regala ai lettori una poesia dell’artista che potrebbe benissimo essere un manifesto.
“Di tanto in tanto/Un essere umano/ha visto la mia luce/Si è precipitato dentro/Si è bruciato/Spaventato/Si è precipitato fuori/Ha gridato ‘Al fuoco!’/o è successo/che abbia cercato/Di domarlo/O è successo/Che abbia provato a spegnerlo/Mai un amico/Se lo è goduto/Così com’era./Così ho imparato a /abbassare il volume/Spegnere il fuoco/Quando incontro uno/Sconosciuto per cortesia/ Accendo una soffusa luce rosa/che è considerata modesta/ perfino affascinante./ è una protezione/contro l’usura/e gli strappi…/Ma quando/mi libero dell’Eternamente-estraneo-sé/Accendo la mia luce/e divento/me stessa”.