In un angolo del centro storico di Monopoli dopo aver lasciato il mare, ecco apparire tra le strette vie la chiesa Santa Maria degli Amalfitani.
Il portone aperto lascia intravedere la navata centrale e le due più piccole laterali, le colonne sormontate da capitelli scolpiti, entrare è un invito al quale non ci si può sottrarre. Sulla destra un cancelletto chiuso con un lucchetto indica che esiste una cripta. Basta un euro per potervi accedere. Discese le scale l’ambiente è umido, salmastro, sul soffitto tracce di affreschi, e sulla volta una lastra racconta una storia “L’anno 1059 – Alcuni Amalfitani veggendo che la lor nave andava a naufragio invocaro la V. Maria e il mare si chetò – in memoria fecero una cappella nel sasso indicata alla Vergine”. La storia popolare narra che i sopravvissuti vollero dedicare alla Madonna una cripta preesistente e promisero di edificare una chiesa, che verrà edificata nel XII secolo e sarà continuamente “rivista” seguendo gli stili delle epoche. Tra il 1932 e il 1935 si tornò allo stile romanico con un pesante restauro e con la rimozione delle diverse cappelle sorte nelle navate laterali ad eccezione di quella di San Nicolò. Venne anche deciso l’abbattimento dell’originario campanile del XII secolo.
La cripta invece si conserva immutata nel tempo, qualche epigrafe, ma il resto è storia millenaria fissata sulle pareti, lungo le volte, sulla pietra. Resiste la cripta al volere umano di cambiamento, all’inutile lasciare un segno, qui tutto è memoria, devozione. Una statua della Madonna con Bambino di scuola leccese, un tempo collocata sulla parete esterna della chiesa trova oggi riparo nella cripta, dove tutto si conserva.