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Un tramonto fantastico, un sole rosso caldo intenso, le sue sfumature che si perdono nell’aria
e poi dopo il giallo arriva il verde e l’azzurro e il viola e anche il rosa. Sì anche la tenerezza, arriva alla fine. Un arcobaleno che si espande, che moltiplica i suoi colori per creare un incanto.
Alma Woodsey Thomas pittrice del movimento artistico della Washington Color School dipingeva a campi di colore dove il colore era non più strumento ma soggetto dell’opera. Accostata e ispirata a chi prima di lei del colore fece la sua cifra stilistica, da Monet a Kandinskij.
“L’uso del colore nei miei dipinti è di fondamentale importanza per me. Attraverso il colore ho cercato di concentrarmi sulla bellezza e sulla felicità della mia pittura, piuttosto che sulla disumanità dell’uomo verso l‘uomo. (...) Il mio obiettivo non era offendere la bellezza della natura, ma piuttosto condividere con gli altri quegli aspetti che mi hanno dato tanta gioia. Il colore è vita, altrimenti un mondo senza colore ci appare morto. I colori sono figli della luce, e la luce è la loro madre. La luce (...) ci rivela lo spirito e l’anima viva del mondo, attraverso i colori. I colori dell’arcobaleno e dell’aurora boreale leniscono ed elevano l’anima. L’arcobaleno è considerato un simbolo di pace” spiegò lei stessa.
I suoi quadri sono evocazioni, il richiamo è quasi sempre alla natura, un cielo stellato, un tramonto, fiori, alberi.
“Non mi sono mai preoccupato di dipingere le cose brutte della vita. Persone che lottano, che hanno difficoltà. Le incontri quando esci, e poi devi tornare e vedere la stessa cosa appesa al muro. No. Volevo qualcosa di bello che ti permettesse di sederti e guardare. E poi, i dipinti ti cambiano” dichiarò tagliando corto sulle polemiche sulla sua arte “non impegnata”. A differenza dei suoi colleghi afroamericani, nessuna scena di schiavitù o segregazione, andava oltre e con la bellezza voleva cambiare l’animo delle persone. Amava la musica e la poesia che riversava sulle sue tele, tutto era melodia, anche i titoli delle sue opere hanno un afflato poetico: Azalee rosse cantano e ballano musica rock n’ roll, Foglie autunnali che svolazzano nella brezza, Lago che riflette l’avvento della primavera, Un tramonto fantastico, Le rose bianche cantano e cantano, Una notte stellata e gli astronauti.
Gli orrori che la vita le ha riservato li ha sempre scavalcati con grazia sin da bambina, come quando le era impedito entrare nei musei a Columbus in Georgia, dove era nata e viveva e la famiglia, consapevole del suo temperamento artistico fece armi e bagagli e si trasferì a Washington dove a una bambina nera era permesso entrare nei musei e perdersi tra tele e sculture.
“L’arte è indipendente dal tempo”, diceva, così come dal tramite che la realizza, uomo, donna, adulto, bambino, europeo, africano, americano ed è tutto lì in quella affermazione la sua visione del mondo e del superamento dei confini.
Fu prima in molte cose: la prima laureata del dipartimento d’Arte della Howard University, la prima donna afroamericana ad essere inclusa nella collezione d’arte permanente della Casa Bianca, nonostante la sua carriera artistica iniziò solo dopo il pensionamento dall’insegnamento d’arte in una scuola di Washington all’età di 68 anni.
Quando espose le sue opere al Whitney Museum, anche in questo caso prima donna afroamericana ad avere una mostra personale, ricevette ben quattro recensioni dal New York Times, fu definita “la Signac degli attuali pittori di colore” e le sue opere “astrazioni esperte, tachiste nello stile, impeccabili nella gestione del colore”.
Il curatore d’arte Thomas B. Hess acquistò Red Roses Sonata, un’opera dove attraverso una serie di tasselli rossi si intravede un meraviglioso turchese che “È come avere la primavera ben prima della sua data stabilita”.
Alma Woodsey Thomas dipinse sempre creando incanto e stupore e invitò tutti, dai suoi allievi agli amici fino agli ammiratori a farlo “La vita è una tela: riempila di immaginazione”.
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