Eravamo in vacanza al Parco Nazionale del Pollino, località Mezzana Salice, piccolo borgo nella valle del Frido
dal quale si possono facilmente raggiungere le vette. Qui giungono in tanti per l’osservazione del cielo stellato, il luogo è considerato come punto favorevole in cui è possibile fare il pieno di energia positiva per mente e corpo.
Presto al mattino ci incamminammo per raggiungere Colle Impiso, punto da cui partire per raggiungere il Monte Pollino. Lasciammo la nostra auto e percorremmo la strada tutta in salita, faceva molto caldo e sembrava che non si arrivasse mai al cancello che portava al sentiero che avremmo dovuto seguire. C’erano molte auto ma sulla strada oltre noi nessuno.
Avevamo già fatto il percorso l’anno precedente, ma andar per boschi non è sempre facile, bisogna tener d’occhio i segnali dei sentieri e seguire bene le direzioni e i tempi di percorrenza non è come fare una passeggiata. A un certo punto, mentre con calma procedevamo, ci trovammo davanti due stradine una che andava verso destra e l’altra a sinistra non eravamo però certi di quale fosse quella giusta da prendere, non era ben segnato il percorso ed entrambe sembrava conducessero alla stessa destinazione, due sentieri che si dividono e poi si ricongiungono. Decidemmo di andare a destra, pareva il sentiero più battuto e ci avviammo. Portavamo con noi cellulari, bastoncini da trekking, dell’acqua e qualcosa da mangiare negli zaini oltre alla nostra incoscienza e voglia di avventura.
Era nostra intenzione camminare lungo sentieri con salite e discese, arrivare alle radure, pascoli di un verde brillante e animali liberi con campanacci che suonano ad ogni loro movimento. Superare un ruscello e rivoli d’acqua, accompagnamento sonoro incessante al nostro andare, giungere poi alla sorgente dove l’acqua sgorga gelida dalla roccia e proseguire in salita verso una collina dove sostano mandrie di cavalli in libertà.
Osservavamo le cime degli alberi, le foglie degli aceri, faggi e querce che sui rami altissimi ondeggiavano e risuonavano nel vento. Ci fermavamo ad osservare i colori smaglianti della natura che grazie alla luce del cielo libero da nubi, regalavano magia. Ascoltavamo il cinguettio degli uccellini che si spostavano da un albero all’altro in una danza frenetica al passare delle poche persone che nei mesi estivi si cimentano in camminate libere nella natura. Tutto era vita: il bosco pieno di felci, il suono in lontananza di piccoli corsi d’acqua ci faceva compagnia, i frutti di bosco che nascono spontaneamente nelle zone più assolate, il profumo di fresco dell’erba e dei piccoli germogli dei cespugli. Con tutti i sensi le percezioni guidavano la mente verso qualcosa che sapeva di nuovo, di buono, di rinascita.
Continuammo a camminare a lungo ma ci rendemmo conto che i punti di riferimento che ricordavamo non li avevamo ancora trovati, qualcosa non tornava.
Come mai? Cos’era successo, avevamo preso il sentiero sbagliato? Dopo aver indugiato qualche momento, decidemmo di invertire la direzione di marcia, un po' preoccupati.
I raggi del sole facevano fatica ad attraversare gli alberi che intrecciavano i loro rami e si infittivano, la luce filtrava a tratti in sprazzi di luce e ad un tratto sembrava che fosse in arrivo la pioggia.
Nei boschi di montagna è facile che all’improvviso nel cielo si formino nuvole pronte a danzare sospinte dal vento, i temporali possono essere brevi ma violenti.
Camminammo più velocemente, la luce diminuiva sempre di più, non c’era campo per i cellulari e ad un tratto nell’andare, tuoni, goccioloni iniziarono a bagnarci, si alzò il vento e man mano al nostro passaggio i piccoli tratti di sentiero più stretti e impervi si fecero più pericolosi, bisognava superarli con calma, la terra avrebbe potuto sgretolarsi sotto i nostri piedi, alla nostra destra un precipizio.
Se fosse capitato qualcosa, come avremmo fatto? Chi ci avrebbe ascoltato se avessimo chiesto aiuto? Come avremmo potuto comunicare?
Il panico si impossessava pian piano della mia mente, e più andavo avanti più la forza mi abbandonava, le gambe non reggevano a ritmi di camminata, non proprio rilassante, avevo troppa paura di inciampare, scivolare e non riuscire ad arrivare alla fine del sentiero.
Fortunatamente poi la pioggia, così com’era arrivata cessò e si fece gocce, la luce cominciò a intravedersi tra le chiome degli alberi, le foglie bagnate brillavano all’ondeggiare dei rami e tutto intorno il vento si placò e sentimmo nuovamente gli uccellini cantare. Il sentiero divenne più praticabile e dopo tutto quel caos pian piano l’equilibrio della natura venne ripristinato. In mezz’ora riuscimmo a varcare la porta del bosco, completamente fradici ma felici. Che avventura!
C'è una bella poesia di Robert Frost che parla della “strada non presa”.
Quante volte ci troviamo davanti a un bivio, alla difficoltà di scegliere anche solo metaforicamente una strada che non abbiamo mai percorso. È la vita che ci mette alla prova e ci offre l’opportunità di scegliere come esseri umani, perché un’alternativa esiste, sempre. Il nostro agire è talvolta guidato dalla razionalità, dall’istinto o dal cuore, con la consapevolezza però del rischio di sbagliare da mettere in conto e nel caso ritentare ancora una volta.