Ma ve lo ricordate questo gioco?
A me è sempre piaciuto moltissimo e ci giocavo da piccola (ma poi anche, qualche volta, da grande).
Dei pomeriggi estivi della mia infanzia mi è rimasta impressa un'immagine. Adesso sorrido ma all'epoca mi faceva veramente arrabbiare. Mentre i nostri coetanei erano sicuramente a mare, io e i miei due fratelli maggiori venivamo letteralmente scaraventati nella stanzetta con l'obbligo di riposare perchè era “controra” e se proprio non volevamo riposare c'era il divieto di parlare o ridere o fare altro che producesse rumore. Il tutto mica sui nostri letti (il letto, riordinato la mattina, non si toccava se non a sera per andare a dormire). Stesi per terra.
“Così state più freschi” diceva mia madre con il tono che non dava assolutamente diritto di replica.
Quindi tutti e tre stesi, per terra, sugli asciugamani da mare. Di dormire non se ne parlava proprio. Per cui armati di fogli e matita giocavamo o meglio ci sfidavamo a NOMICOSE&CITTÀ, cercando di non farci scoprire. Il gioco è sempre stato divertente ma anche interessante; ci aggiungevamo minimo altre 3 o 4 colonne ed io imparavo dai miei fratelli più grandi tante cose ancora sconosciute. Naturalmente vincevano sempre loro, nello specifico “ilgrande”, poverino non aveva un nome proprio, tutti lo chiamavano così.
Rifarlo da adulti e con gli amici ritengo sia davvero una “figata”.
Adesso però si chiama “saltinmente”.
Ah. Benissimo. E allora, in questo momento, io voglio trasformare questo gioco in una sorta di raccolta, una specie di contenitore, ecco sì una scatola, sapete tipo quelle belle di latta dei biscotti, tutte colorate e decorate, all'interno delle quali le nostre nonne riponevano un pò di tutto ciò che potrebbe servire per cucire, sì proprio quelle.
Ecco apro la mia scatola tutta colorata, sa ancora di biscotti al burro e di nonna e di mamma. All'interno, idealmente, ci trovo il foglio con tutte le lettere dell'alfabeto scritte sparse e con la penna e gli occhi chiusi devo bucare il foglio x scegliere la lettera con cui cominciare a giocare.
Ne sceglierò giusto alcune.
Sarà, di conseguenza un piccolo viaggio con la macchina del tempo: passato, presente e futuro.
Sono pronta.
Mi allaccio la cintura, afferro la penna, chiudo gli occhi e zac, beccata la prima lettera: enne, difficile.
Cosa mi saltinmente?
Inevitabilmente Nonni: su tre (la nonna materna non l'ho mai conosciuta) ne ho amati due. Il nonno Pietro dal quale un pò tutti noi nipoti abbiamo ereditato la creatività e l'estro e la nonna di cui porto il nome che mi ha trasmesso forza, coraggio, tenacia, resilienza, mi ha insegnato l'arte dell'uncinetto e del lavoro a maglia e la passione per la cucina nello specifico per gli impasti come il pane (che lei vendeva durante la guerra per aiutare le finanze della sua famiglia) o la focaccia o i bignè, le orecchiette che faceva minuscole come l'unghia di un mignolo, peccato quelle non ho mai imparato a farle.
Uno sguardo al presente ed è Noi: nel termine più ampio al quale riesco a pensare, una enorme famiglia allargata che si riunisce per un pranzo di quelli interminabili, tavolata infinita, dove le assenze non sono tali ma sono solo presenze diverse; tutti a gioire per il piacere dello stare insieme, una gioia grande perché la gioia condivisa raggiunge dimensioni incalcolabili.
E nel futuro: una Nave che mi porti a solcare mari calmi e pieni di creature colorate dove io possa nuotare ininterrottamente, sicuramente dopo aver fatto un bel corso di nuoto, visto che sono abbastanza negata.
Ne pesco un'altra? Zac: effe, molto facile.
Friuli Venezia Giulia, sebbene io e amoremio abbiamo trascorso in questo luogo momenti molto difficili, legati a malattie varie, ce ne siamo innamorati perdutamente da subito; noi, perfetti terroni, ed io, nello specifico, con l'accento e l'intercalare da baresaccia, siamo entrati nelle grazie di questo popolo che ci ha accolto, curato, confortato e amato come due figli. Una seconda famiglia.
È stato lì che io, astemia (fino a 46 anni), in trattamento chemioterapico, ho scoperto e apprezzato il merlot. Mè e che volete? bevevo per dimenticare, see, il piano e la stanza dell'ostello nel quale alloggiavamo, tanto avevo apprezzato quel vino nero corposo e profumato; in seguito ne ho apprezzati tanti altri, anche locali naturalmente. Anche i panorami in Friuli sono mozzafiato: dalle dolomiti friulane che portano ancora i segni del terremoto, ai monti più alti e ai paesaggi marittimi. Bello, molto bello.
E poi i miei Figli: adesso mi commuovo. In passato, adesso ed in futuro io mi ritengo una mamma fortunata e loro sono la mia forza, la mia vita, sì è proprio così e se solo qualcuno prova a farli soffrire (so che è inevitabile che possa accadere) io sono capace di trasformarmi nell'animale più aggressivo che esista, almeno finché potrò.
Ancora una: è la volta della esse. Mi viene in mente la parola Silenzio. Recentemente ho visto un film che mi è piaciuto molto, mi ha colpito e mi ha fatto riflettere, “il silenzio grande”, un'atmosfera un pò da commedia di Eduardo de Filippo. Quel titolo mi rimbomba tuttora nella testa, tanti piccoli silenzi fanno un silenzio grande. Quanto è vero. E vorrei provare a non pensarci più; ma quanto è stato difficile rimanere in silenzio? un silenzio che racchiudeva in sè tutte le urla, la rabbia, le lacrime, le domande senza risposte, la sofferenza che purtroppo amoremio ci è toccata.
Forse è meglio se pesco un'altra lettera e poi basta: emme. E qui potrei scrivere per ore.
Ed eviterò di cadere nell'ovvio, infatti non scriverò del mio amato Mimmo, dell'affascinante Mare, della mia cara Mamma, delle Malattie bastarde e della Morte, della Musica o della vietatissima Mortadella (che adoro).
“Morbida carezza”: quando non ho più potuto fare volontariato, per impossibilità oggettive, insieme ad un piccolo gruppo di esaurite, come e peggio di me, che ha in comune la beneficenza, la solidarietà e la passione per l'uncinetto è nato questo umile progetto. Donare calore e colore, realizzando copertine in lana destinate a quei piccolini che sono un pò meno fortunati di altri; in 3 anni non so dire quante copertine abbiamo donato e quanto questo abbia gratificato soprattutto noi.
Ma forse mi sto dilungando.
Dimenticavo con la lettera emme: Mostro. Esattamente quello che “qualcuno” ha creato decidendo di mettermi una penna in mano.