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(Pre)occuparsi. La cura

(Pre)occuparsi. La cura

Mi sono chiesta tante volte perché le persone scelgono di insegnare e curare, da cosa sono spinte? Cosa cercano?

A volte è difficile trovare una risposta, non sempre c'è una ragione, intesa come evento razionale. Potrebbe essere seguire un istinto, seguire un esempio oppure semplicemente una spinta forzata verso un lavoro sicuro che non faccia tanto cercare, attendere e pensare.
Oggigiorno gli insegnanti sono in numero molto elevato, lo dicono le statistiche, lo dicono le corse all'iscrizione nelle facoltà educative, i tentativi di superare i test, a volte non importa quali, l'importante è rientrare negli elenchi e aspettare che uno di essi consenta di accedere ai vari corsi universitari, non importa se gli argomenti siano strettamente legati alle proprie scelte, inclinazioni o ambizioni personali.

Personalmente ritengo che questo sia un errore che in tanti commettono, non si può fare questo mestiere se davvero non lo si faccia per convinzione e passione, lo stesso vale a mio parere per chi sceglie di fare il medico.
Un insegnante deve trasmettere, non solo saperi ma amore per quello che insegna, deve saper ascoltare e rispondere alle domande degli studenti e da loro umilmente imparare, deve saper mediare, deve far sì che gli alunni entrino nella dimensione del rispetto e della relazione e soprattutto deve saper emozionare, creare legami, stupire e portarli a porsi continue domande e cercare sempre di più. Un medico deve saper ascoltare e consigliare, guidare, seguire i suoi pazienti perché ritrovino la loro serenità e si fidino di lui perché il dubbio, nella malattia, divora l'anima e il cuore.
Cos'altro è l'insegnamento se non "cura" e attenzione alla vita?
E la "cura" stessa per un medico non è anche far sì che le persone ritrovino grazie al suo aiuto il benessere del corpo e della mente?
Come le due facce di una medaglia, si completano, si interscambiano, ecco perché sono entrambe artefici del vivere e del destino umano.
E cosa c'è di più emozionante di veder crescere un bambino che diventa uomo, o vincere con la cura una battaglia contro la malattia.

Tanti ragazzi si avvicinano alla facoltà di Medicina, purtroppo solo perché spinti dal fatto che il lavoro del medico fa guadagnare tanto, non importa poi se avremo un domani a che fare con medici annoiati, indolenti, privi di risposte precise da dare ai pazienti e perché no, poco preparati all'importante lavoro che scelgono di svolgere preoccupati solo della loro persona, del successo e della garanzia che il loro nome altosonante risplenda nell'albero genealogico della famiglia. Tanti di loro hanno spudoratamente raccontato che si vergognavano di superare gli esami semplicemente sedendosi davanti alle commissioni d'esame, solo perché, figli, nipoti o conoscenti di sapendo quasi nulla delle specifiche discipline e quanti ahimè ne troveremo dietro le scrivanie di studi medici o negli ospedali. Ho visto nel tempo transitare tanti docenti nelle scuole, e mi rendo conto che con il passare del tempo, sono sempre meno le persone che scelgono consapevolmente di fare questo mestiere che se svolto con superficialità, senza reale interesse perché fatto tanto per farlo, non porterà a nulla, se invece sarà svolto perché la voglia di farlo fiorisce dentro di sé, perché davvero ci si crede, perché ci si mette in gioco e in ascolto dell'altro perché questa è una "missione", allora sì che sarà un successo, non per soddisfare l’orgoglio personale, ma per aver davvero fatto e provato di tutto perché una mente che si sta formando possa essere in grado di riflettere, decidere, ponderare, scegliere e poi spiccare il volo verso la vita.

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