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L'abbraccio

L'abbraccio

Siamo quasi alla fine del mese di aprile. Questo mese mi è sempre piaciuto: è un po’ misterioso e, a volte, sorprende.

Si dice, anche, che in questo mese sia “dolce dormire” forse perché non è più inverno ma non è ancora estate.

I plaid giacciono ancora sul divano: devono essere a portata di mano quando quel brivido improvviso ti fa sentire la necessità di calore e ti rendi conto che nessuno è accanto a te, in quel momento, per un abbraccio e ti devi accontentare.

La più grande delle mie cugine, lato madre, che vive a Lecce, spesso, nel darmi la buonanotte o il buongiorno, condivide con me ciò che ha fatto o deve fare, i suoi pensieri, elargisce spiegazioni etimologiche (è stata una professoressa d'italiano e che professoressa!), scrive meravigliosi haiku. È lei che mi ha trasmesso la curiosità di capire il significato delle parole e la loro provenienza.

Scopro e resto incantata a guardare. Il sole caldo e “il dolce dormire” cioè l'assenza totale di voglia di fare qualunque cosa, che assecondo molto volentieri, mi porta in direzione mare, ovviamente. Mentre passeggio, lentamente e senza fretta (anche se la fretta ci sarebbe perché è quasi l'una e non ho pensato al pranzo e alle tre devo essere a teatro) mi accorgo di uno dei tanti miracoli della natura: un fico è cresciuto all'interno di un altro albero.  Crescono rigogliosamente: un verde brillante denota le ottime condizioni di salute di entrambe le piante.  Cosa sarà successo a quel fico? Perché è capitato proprio lì? E cosa avrà pensato l’albero quando si è reso conto dell'intruso e comunque lo ha accolto fra le sue braccia-rami? E quanto avrà gioito il fico per quell'abbraccio inaspettato? Non è facile dare una spiegazione e allora non la diamo. A me basta questa immagine che, casualmente (?), mi è capitata davanti agli occhi oggi. E sì, proprio oggi.

*Abbraccio*: da abbracciare, da braccio, il gesto di cingere fra le braccia.

Mariaaaa sono in ritardo”.

Non ti preoccupare anch’io sono in ritardo, stai tranquilla se il navigatore non fa scherzi arriveremo a teatro puntuali”.

In età adolescenziale ho fatto parte di una piccola compagnia teatrale che portava in scena commedie in vernacolo palesino: eravamo noi&noi, nessuna ambizione particolare, un gruppo di amici e amiche che negli anni ottanta si divertiva così. Quello spirito e quell'entusiasmo, quell’allegria e quella spensieratezza, quell’attesa e quell’ansia (per una volta un’ansia direi quasi piacevole), soprattutto quella meravigliosa sensazione di leggerezza, quell'atmosfera inspiegabile; finalmente tutto e molto altro mi avvolge immediatamente e nuovamente; ho semplicemente qualche anno in più e consapevolezze diverse.

Mentre lei si trucca, accovacciata davanti ad uno specchio che attende di essere sistemato al suo posto, tirando fuori dal suo beauty matite, rossetti, ombretti colorati, si gira, mi guarda e con un pennellone ritiene opportuno e doveroso mettere un po’ di colore sulle mie guance pallide. “Va bene, grazie mille”.

I miei capelli, che tento disperatamente di tenere in ordine ma la verità è che io sono negata e loro sono assolutamente autonomi, attirano l'attenzione di colei che con pettine a punta (mai posseduto da me) prova a dargli una “arriggittata” con grande maestria e competenza, addirittura lei vorrebbe spruzzarci su della lacca e un’altra lei, che sta nei paraggi, vorrebbe darmi il suo olio anticrespo.

“Mettiti un golfino perché fa freddo laggiù”: “No, non preoccuparti sto bene”.

L'esortazione delle nostre coach ad essere un tutt'uno.

Che care che siete. Tutte.

Incominciano finalmente le prove generali e meraviglia delle meraviglie ognuna ricorda la sua parte, i gesti che deve fare, le direzioni che deve prendere (c'è sempre stata confusione a riguardo).

Ecco, Il nostro pubblico è arrivato. La magia sta per incominciare. L'adrenalina è a mille. Ed allora in bocca al…no, alla lupa, rosa, naturalmente. Emozioni vi aspettiamo!

Ohhhh. Ma è già tutto finito? Ma noi vorremmo cantare ancora, festeggiare, sorridere, farci illuminare da soli abbaglianti e lune scintillanti, farci cullare da onde tanto vigorose quanto affettuose, spazzare nubi e malinconie per guardarci meglio e scoprire l'una negli occhi dell'altra incasinati mondi infiniti.

Quei mondi che, penne attente e sapienti, hanno saputo descrivere e raccontare con eleganza, delicatezza e precisione.

Grazie.

*Abbracciare*: è allacciare, è circondare, è contenere, è avviluppare, è dedizione.

E si potrebbe continuare a lungo per descrivere quanto è accaduto prima, durante e dopo.

Gli abbracci dei miei figli, l'aggrapparsi a me di una creatura speciale, gli sguardi emozionati e un po’ commossi di amici e amiche. Gli abbracci ed i sorrisi finalmente ritrovati. E quei volti? Dapprima sconosciuti, adesso fanno a gara per dimostrare, senza parlare.  E anche gli assenti sono vicini vicini a noi.

Ancora e ancora abbracci. E poi? Quell'abbraccio, inizialmente negato, arriva inaspettato.

Il sipario si può chiudere, per ora.

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