Visioni d'insieme

C’era una volta Hollywood, David Niven

C’era una volta Hollywood, David Niven

Quando Sam Goldwyn lo chiamò e gli disse “lei è un uomo fortunato e non se ne rende neanche conto”David Niven era un attore alle prime armi,

arrivato a Hollywood da appena quattro anni, passati prevalentemente a fare la comparsa in qualche grande film e facendosi notare per i suoi modi eleganti, il sorriso sempre luminoso e la propensione a far festa. La sua prima comparsata a due dollari al giorno fu in un film di Howard Hawks, La costa dei barbari. Mette da parte il suo passato nella fanteria britannica prima e come piazzista di liquori dopo ed entra nella mecca del cinema che proprio in quegli anni stava nascendo. E dopo pochi anni quella fortuna inaspettata, il grande Ernst Lubitsch lo volle per il suo L’ottava moglie di Barbablu con due delle più grandi star del momento, Claudette Colbert e Gary Cooper.

Questo è solo uno dei mille aneddoti raccontati da Niven in C’era una volta Hollywood tradotto da Claudio Gallo ed edito Settecolori, definito dal New York Times “il miglior libro mai scritto su Hollywood”.

Ci sono tutti da Humprey Bogart a Cary Grant, da Lauren Bacall a Greta Garbo. Da Fred Astaire a Sophia Loren. Tutto il mondo che girava intorno a quel ciak si gira, con le feste sino all’alba, gli animali esotici in giardino, i bagni nudi in piscina, le partite da tennis, la pesca, tutto ciò che fa Hollywood quando la cinepresa smette di riprendere.

C’è l’arrivo dei grandi scrittori che vedevano Hollywood come una vacca da mungere, da Fitzgerald ad Hemingway passando per Robert Sherwood, Thornton Wilder e John Steinbeck. Cercavano l’oro ma ne uscivano spesso strizzati come una vecchia pezza sporca, come spiegò lucidamente James Hilton “Uno scrittore di film deve stabilire se preferisce dire un po’ meno esattamente ciò che vuole dire a milioni di persone, o un po’ più esattamente a migliaia”.

E poi il regno incontrastato di Louella Parsons ed Hedda Hopper. Il camerino di Marion Davis, regina indiscussa della Metro Goldwyn Mayer, che viaggiò per 16 chilometri sulle strade da Culver City alla San Fernando Valley con le sue 14 stanze.

Luminoso, leggiadro, divertente, effervescente.

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