Visioni d'insieme

De Francisco: “Disegno gli eroi della quotidianità”

De Francisco: “Disegno gli eroi della quotidianità”

Gianmarco De Francisco, il disegnatore alla riscoperta della normalità

"Infondo noi disegniamo pupazzi". Una frase buttata così per nascondere un impegno civile che ha indossato come l'armatura dei supereroi che disegna e che gli calza a pennello.

Gian Marco De Francisco ha un'idea comune in ogni suo romanzo, graphic novel o biophic che sia: fare del supereroe una persona comune grazie al potere della normalità. Una scelta assolutamente controcorrente in tempi in cui si corre ad investire del titolo di cavaliere con l'armatura lucente ogni figura un po' meno in ombra delle altre. Controcorrente perché "Noi siamo contrari alla celebrazione e alla marmorizzazione delle persone, alla necessità di avere la statua con il piedistallo. Questa è una forte deresponsabilizzazione di cui siamo responsabili”.

Il plurale, si riferisce alla  "moglie lavorativa" Ilaria Ferramosca che sceneggia i suoi fumetti, fin dal primo che scrissero e disegnarono nel 2010, una storia di stalking a figure inverse, dove la vittima è l'uomo e la persecutrice una donna. Poi è stata la volta degli uomini della scorta di Giovanni Falcone. Anche in questo caso la storia è stata raccontata partendo da un punto di vista diverso. Quello dei ragazzi della scorta, e anche in quel caso il fumetto si è votato ad una missione superiore. Non conquistare una galassia o sconfiggere il cattivo della situazione, ma ridare un nome a dei ragazzi. "Durante il nazismo si fece un'operazione terribile, si tolsero i nomi alle persone e gli si tatuava un numero. Privandoli della dignità di esseri umani. Tu ammazzi una persona quando inizi a toglierli il nome. Stessa cosa è stata fatta con gli uomini della scorta - continua De Francisco - Verso maggio si inizia a parlare del giudice Falcone e a catena di Borsellino. Non viene citata neanche la Morvillo, pur essendo giudice anch’ella, mentre Vito Schifano, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro per Falcone e  Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli per il giudice Borsellino, vengono identificati genericamente con un gli uomini della scorta. L’attenzione è arrivata più tardi, la prima ad essere recuperata è stata Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e prima donna della polizia caduta in servizio, ndr) e poi piano piano sono arrivati gli altri. Noi provocatoriamente abbiamo messo Ragazzi di scorta, anche se l’editore tentava di essere più d’effetto La scorta di Falcone che è un nome che potenzialmente vende. Ma noi volutamente abbiamo tenuto questo".

E l'idea di recuperare i nomi è nata da un normalissimo sfogo di una persona comune, la mamma di Antonio Montinaro che si rammaricava che non si parlasse mai del fatto che era morto il capo scorta con i ragazzi della scorta. A cogliere quella provocazione fu Don Ciotti, da allora, ogni 21 marzo al termine della marcia di Libera, a riempire il silenzio della piazza è l’elenco, uno dopo l'altro, di tutti i nomi delle vittime innocenti della mafia. Una battaglia, cara a De Francisco, che rimarca "Recuperare i nomi vuol dire far rivivere le persone, se io ti conosco di persona, se hai un nome, inizio ad interessarmi a te, e se inizio a interessarmi capisco le tue scelte di vita. Ma al contrario se per me sei una massa, sei un numero, come i numeri che non sbarcano più, o che affondano o che affogano, se non hai un nome, è tutto più lontano ed anestetizzato".

Terzo atto di queste storie di quotidianità è stata "Nostra madre Renata Fonte". Terzo supereroe della normalità. "Renata Fonte tutto era tranne che una persona votata al martirio. Non lo pensava minimamente, era una mamma che ha semplicemente saputo dire di no ad un piano regolatore. Lei era assessore alla cultura, la prima politica donna uccisa in Italia, assassinata di spalle. Lo dico sempre, la mafia è 'coraggiosa', l'ha uccisa di spalle, a mezzanotte. Però Renata Fonte un super potere lo aveva, la capacità di non derogare, perché capiva che qualcun altro stava lasciando la sua porzione di responsabilità".

E anche con questa terza storia ai pupazzi viene assegnato un compito molto arduo, smuovere le coscienze e far pensare. "Questo è importante e ci colpevolizza un po’ tutti, perché ragionandoci c’è sempre un altro che deve farlo al posto nostro. L’impegno che noi abbiamo, io ed Ilaria, è che a modo nostro raccontiamo queste storie, io ho messo la matita al servizio di queste storie".

Perché in tutte le storie raccontate da Gian Marco e Ilaria c'è un filo rosso che le lega e porta il lettore dall'una all'altra come fossero un'unica narrazione.“Queste storie parlano di quotidianità, se torniamo a gustarcela, ne vediamo la bellezza. In questo senso non sono libri facili perché ti rimettono sempre nella tua dimensione, sono frenanti in alcuni casi".
Si arriva così all'ultimo libro. "Charlotte Salomon. I colori dell'anima". Una graphic novel che racconta la storia di una giovane donna considerata l’Anna Frank dei guazzi, Charlotte Salomon, che è stata una pittrice ebrea tedesca dell'inizio Novecento. Raccontò tutta la sua vita in una serie di tavole realizzate con la tecnica dei guazzi, circa 1300 tra tavole, lavori preparatori e disegni, dalla nascita sino alla persecuzione nazista. Cercò di fuggire per tutta la vita, rincorsa dallo spettro della morte dei tanti suicidi avvenuti nella sua famiglia, ma non riuscì a sfuggire alla persecuzione dei nazisti. Morì ad Auschwitz nel 1943, incinta del suo primo figlio.

"Leggendo la storia di Charlotte, c’è  una frase che fa venire i brividi, lei dice 'è impossibile che in una società così avanzata come la nostra, e parlava nel 1923-1925, i sentimenti d’odio possano portare a qualcosa di drammatico'. Purtroppo sappiamo come è andata" e per raccontare la splendida e tormentata storia di Charlotte, De Francisco ha utilizzato i suoi colori vibranti, caldi, vividi, in netta contrapposizione al sempre presente freddo e cupo spettro della morte che aleggiava sulla sua vita.

Quattro storie di superoi della normalità, ma soprattutto quattro storie reali. Un'altra scelta in controtendenza con l'immaginario legato ai fumetti, dove si sfugge dalla realtà e si cavalca sulle ali della fantasia in mondi inesistenti. L'obiettivo è ben chiaro, toccare le coscienze raccontando storie reali di persone che hanno fatto il loro dovere, diventando così eroiche.

Ma la mano che disegna questi personaggi ci rivela che non c'è stato un disegno in tutto ciò "Siamo arrivati a questo con una coscienza così netta? No, ci è capitato. Abbiamo raccontato delle storie, che io stesso in alcuni casi non conoscevo". La parola d'ordine è normalità, perché come ha detto all'inizio "infondo noi disegniamo pupazzi".

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