La sua pittura è verticale come il volo di un aereo che squarcia il cielo per poi tuffarsi in picchiata verso il suolo.
Un’accelerazione dei moti appare in ogni aerodipinto di Olga Biglieri, prima donna futurista e tra le prime aviatrici d’Italia, ribattezzata da Filippo Tommaso Marinetti “Barbara dei colori”.
Si muove libera nel cielo anche quando dipinge. A 11 anni prende le prime lezioni di pittura, a 16 prende il brevetto di pilota d’aereo, qualche anno dopo si iscrive all’Accademia di Brera.
Il tempo scorre diversamente per Barbara, che è un moto perpetuo.
Il verde brillante, l’arancione ostentato, il rosso che squarcia i blu e poi il suo pensiero, sempre laterale, sempre unico. Quando Marinetti pubblica il Manifesto del movimento futurista lei se ne dissocia. Non può fare parte di un movimento che ineggia al “..disprezzo della donna” e al “…glorificare la guerra”.
Quel mondo non le appartenevano, scombina le carte sul tavolo. Vola per altri lidi.
Quando il marito, lo scrittore Ignazio Scurto, parte al fronte durante la seconda guerra mondiale, lasciando lei con le due figlie ancora bambine si ritrova a dover ricostruire ancora una volta il suo mondo. Cambia nuovamente tutto, non vola più, ormai gli aerei non sono più simbolo di libertà, ma portatori di morte.
Il suo antibellicismo diventa più netto e preponderante. È suo l’Albero della pace, donato il 15 agosto 1986 al Museo Commemorativo di Hiroshima, una grande tela di 10 metri per 1,80 con le impronte delle mani di centinaia di persone, alcune famose come Sandro Pertini, Enrico Berlinguer e Rita Levi Montalcini, altre di persone comuni. Un’idea nata anni prima, nel 1981, quando insegnava ai bambini a dipingere. La pacifista giapponese Machiyo Kurowama le chiede di poter mettere l’impronta della sua mano sulla lunga tela, da lì tutte le altre. Anni dopo, nel 2000, per il suo impegno sociale sarà candidata al Nobel per la Pace, non lo vincerà, ma continuerà ad allargare i suoi orizzonti. Vasti, poliedrici, eclettici, infiniti.