Visioni d'insieme

Lirica e sfuggente Jean Tatlock

Lirica e sfuggente Jean Tatlock

Le parole con cui prese commiato da un mondo di cui non sempre riusciva a reggere il peso dicono molto di Jean Frances Tatlock.

“Ho schifo di tutto... A chi mi ha amato e mi ha aiutato, tutto amore e coraggio. Volevo vivere e dare e in qualche modo sono rimasta paralizzata. Ho provato come una matta a capire e non ci sono riuscita... Penso che sarei stata un peso per tutta la vita, almeno avrei potuto togliere il peso di un'anima paralizzata da un mondo in lotta”.

La breve vita di una donna destinata alla grandezza, laureata al Vassar College e poi a Stanford, brillante come poche “una donna dallo spirito libero, con una mente affamata e poetica…l’unica persona a rimanere indimenticabile in qualsiasi stanza si trovasse, qualsiasi fossero le circostanze”, si perde nell’insostenibilità di una realtà disumana. Jean Frances Tatlock, psichiatra per formazione, “creatura lirica e sfuggente” per indole, come la definì Oppenheimer con i suoi capelli scuri, gli occhi uno azzurro e l’altro nocciola, le grandi ciglia nere, le labbra rosso vermiglio che la facevano assomigliare ad una “antica principessa irlandese”.

Colta, intelligente, politicamente impegnata con il partito comunista e per questo scomoda in una America a caccia di streghe. Conobbe Julius Robert Oppenheimer il fisico teorico padre della bomba. Fu amore.

Lei pensava ai poveri, ai disperati, alle menti offuscate e stanche, alle condizioni sociali delle donne e degli uomini del mondo, lui era impegnato a Los Alamos a creare la più potente arma di distruzione di massa con il progetto Manhattan.

Era un incontro il punto in cui convergevano, non un’assonanza. Mentre lui recitava, “Ora sono diventato Morte, il distruttore di mondi” nel suo celebre discorso dopo lo sgancio sperimentale della bomba nucleare nel deserto del New Mexico, citando i versi del testo sacro indù, Bhagavadgītā, lei di lui scriveva “Posso facilmente immaginare di ubriacarmi del suo corpo e ancor più del suo piacere nel mio. Potrebbe avere tutto questo e qualunque cosa di me possa trovare”.

Lontani eppure vicini. Lei leggeva poesie, John Donne e il suo “Batti il mio cuore, Dio delle tre persone”, lui rielaborava tutto, le tre persone divennero Trinity, la bomba nucleare sganciata su Hiroshima e Nagasaki.

Forse era un fraintendimento l’amore tra i due. Difficile immaginarli percorrere la medesima strada. Lei mise fine a quel trovarsi e poi perdersi a soli 29 anni.

La trovò il padre, con la testa riversa nella vasca da bagno. Bruciò tutta la sua corrispondenza. Per il mondo, Jean Frances Tatlock decise di suicidarsi. Per qualcuno fu portata via per impedire quella sgradita convergenza.

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