Il mare, una lunga striscia blu dove si riflette la città. Una strada di luci, lucciole che illuminano l’oscurità. E poi il cielo sopra Bari.
In una notte qualunque di fine primavera la vista si allarga e abbraccia tutto.
Non vorrei essere qui, in questo momento, vorrei essere tra chi intreccia bracciali, prepara torte, piega e ripiega origami.
Prendo fiato su questa terrazza, il cielo un pullulare di stelle, il mare con la sua onda che arriva in aria, in questa città che non dorme, ma sogna, “risonante di allegria” come scrisse Pasolini la città che “compare in tutta la sua felicità adriatica”.
La felicità, la gioia è in quei volti, così diversi, così uniti. Un’allegria “seria, sicura e salubre” di chi ha visto la vita negli occhi e ora ride delle follie del mondo.
Il lungomare, il tappeto rosso che annuncia il nostro mare. Questa è Bari, dai palazzi liberty al teatro che nasce sull’acqua e poi il fortino, il porto, il faro. Bari abbraccia tutti, il lungomare non si interrompe, non fa distinzioni. Corre lungo la città raccontandola. A dividere è l’opera dell’uomo, non il mare che da parte a parte narra una storia di pescatori. “I baresi si divertono a vivere: ci si impegnano col cuore leggero, e col cuore leggero vanno discutendo di affari per le strade, prendono il caffè, si recano al lavoro, senza avere nemmeno il sospetto che questo non rappresenti una piacevole avventura. C’è aria di festa” diceva sempre Pasolini in quel suo omaggio alla città che vide negli anni Cinquanta.
Oggi come allora, siamo qui, su questa terrazza e immaginiamo un borsello bianco nella folla, il sorriso di una fata incantata, la forza e l’eleganza di chi sa salire su un palco, passo dopo passo e poi un’ovazione tutta per lei, intorno a lei c’è l’onda che la sostiene e la porta in aria.