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Il respiro verde

Il respiro verde

La disobbedienza acquista un senso solo quando diventa una disciplina morale più rigorosa e ardua di quella a cui si ribella. 

Lo diceva Calvino ne Il barone rampante quando invitava tutti a non cedere il passo, a non normalizzare troppo il conformismo, la bruttezza, l’ovvietà di una vita che ci appare pre-confezionata, il declino.

Quando il cemento ha eroso spazi, le città troppo grandi hanno ridotto gli spazi vitali, non resta che piantare arbusti, piante e alberi che salgano in cielo. La riforestazione urbana come forma di disobbedienza civile.

L’architetto Stefano Boeri realizza ciò che si dice da decenni, l’ambiente non è avulso dal contesto in cui l’essere umano vive, non è in contrapposizione ad esso, ma si interseca con esso contribuendo al suo benessere. Le sue parole alla lectio magistralis tenutasi a Bari non appaiono profetiche, né particolarmente illuminanti, non perché vacue e prive di significato ma perché sono lì, su carta da decenni. La vera rivoluzione è nel passo successivo che lui ha saputo compiere, ovvero metterle in pratica quelle parole. E se il primo, celeberrimo bosco verticale di Milano è oggi luogo di rivendicazione di appartenenza ad una certa classe sociale, i successivi segnano la vera svolta. Quello di Eindhoven, esempio virtuoso di social housing abitato da studenti e giovani coppie o l’Easyhome Huanggang Vertical Forest City Complex, situato nella città di Huanggang che con i suoi 404 alberi, 4620 arbusti e 2408 mq di piante perenni, fiori e piante rampicanti assorbono 22 tonnellate di CO2 e producono 11 tonnellate di ossigeno all’anno. Entrambi segnano un cambiamento.

Che le città tornino ad essere a misura delle persone che le vivono, come nel progetto di Cancun, una città progettata per essere abitata da 120mila persone, perfettamente autonoma dal punto di vista energetico e alimentare.

Boeri definisce enzimi tutte le forme di ispirazione o esempio, dalla letteratura alla musica, dall’attivismo all’arte.

Quando uno di questi enzimi è la Città della tenerezza immaginata da Madeleine de Scudery, nel suo Clélie, historia romaine del 1654, con i suoi villaggi della bontà, dolcezza, sincerità e poi il contraltare dei paesi della negligenza e dell’oblio, sino a raggiungere il lago della indifferenza quello che ne nasce non può che essere un luogo armonico, o almeno il tentativo di creare uno.

Le città che oggi coprono appena il tre per cento delle terre complessive accoglieranno entro il 2030 il 60% della popolazione mondiale ma già oggi consumano il 75% delle risorse naturali e sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni globali di CO2.
Una disumana dimostrazione di prepotenza.

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