Visioni d'insieme

Byung-Chul Han, le non cose

Byung-Chul Han, le non cose

Nella cascata di parole, informazioni, oggetti che quotidianamente inondano la nostra vita, Byung-Chul Han si sofferma su cosa non è. 

Sulle non cose, come l’intelligenza artificiale che oggi “è in procinto di smaltire l'esistenza umana, crucci compresi, portando avanti un'ottimizzazione della vita ed eliminando il futuro quale fonte di preoccupazioni: essa debella cioè la contingenza del futuro. Un futuro prevedibile in forma di presente ottimizzato non ci preoccupa più”.

Non viviamo più il reale, il cielo e la terra, come recita la quarta di copertina, ma Google Earth e il Cloud. 

La vita nella sua essenza più reale ci sta sfuggendo di mano. “Anche la fiducia, le promesse e le responsabilità sono prassi impegnative, che si estendono oltre il presente giungendo al futuro. Tutto ciò che stabilizza la vita umana è impegnativo. La fedeltà, i legami e i vincoli sono a loro volta prassi impegnative. Il degrado delle architetture temporali stabilizzanti, alle quali appartengono anche i riti, rende instabile la vita. Per stabilizzarla c'è bisogno di un'altra politica temporale. Tra le prassi impegnative vi è anche l'indugiare. La percezione che aderisce alle informazioni non dispone di uno sguardo lungo e lento. Le informazioni ci accorciano la vista e il respiro. Impossibile indugiarvi. L'indugiare contemplativo presso le cose, quel guardare senza secondi fini che potrebbe essere la ricetta della felicità, cede il passo alla caccia all'informazione. Oggi corriamo dietro alle informazioni senz'approdare ad alcun sapere. Prendiamo nota di tutto senza imparare a conoscerlo. Viaggiamo ovunque senza fare vera esperienza. Comunichiamo ininterrottamente senza prendere parte a una comunità. Salviamo quantità immani di dati senza far risuonare i ricordi. Accumuliamo amici e follower senza mai incontrare l'Altro. Così le informazioni generano un modo di vivere privo di tenuta e di durata. L'infosfera sortisce senza dubbio un effetto emancipatore: ci libera”.

Byung-Chul Han analizza con la sua solita chiarezza e lucidità il mondo che ci circonda, puntando il dito sugli effetti nefasti del neoliberismo nel suo Le non cose. Come abbiamo smesso di vivere il reale, tradotto da Simone Aglan-Buttazzi ed edito da Einaudi Stile libero extra.

“Anche il regime neoliberista è smart. Il potere smart non opera mediante ordini e divieti: non ci rende remissivi, bensì dipendenti e drogati. Invece di spezzare la nostra volontà, appaga i bisogni. Vuole piacerci. E permissivo, non repressivo. Non c'impone il silenzio. Anzi, ci viene costantemente, insistentemente richiesto di esternare opinioni, preferenze, bisogni e desideri, di comunicarli, insomma di raccontare la nostra vita. Esso rende invisibile il proprio intento di dominio proponendosi in maniera amichevole, smart. Il soggetto sottomesso non è neppure al corrente della propria sottomissione. Si crede libero. Il capitalismo si compie appieno nel capitalismo del mi piace, che per via della propria permissività non ha bisogno di temere alcuna resistenza, alcuna rivoluzione”.

Il suo pensiero nuota sempre controcorrente, senza cedere al riposante andamento del flusso ricordandoci in ogni suo saggio che l’individualismo ci sta distruggendo. L’esaltazione dell’io ci sta facendo ammalare. Soli, isolati, senza punti di riferimento, vaghiamo nauseati in balia di un moto ondoso che non abbiamo del tutto scelto consapevolmente, ma che ci trascina inesorabilmente a fondo. “La cultura ha la propria origine nella comunità. Essa trasmette i valori simbolici alla base di ogni comunità. Più la cultura diventa merce, più si allontana dalla propria origine. La commercializzazione e mercificazione totale della cultura provoca la distruzione della comunità. La community spesso evocata dalle piattaforme digitali è una forma merceologica di comunità. Una volta divenuta merce, la comunità cessa di esistere”. E l’essere umano, per come siamo abituati a concepirlo, è destinato ad estinguersi.

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