Visioni d'insieme

Emilia Barbato e Il rigo tra i rami del sambuco

Emilia Barbato e Il rigo tra i rami del sambuco

Piccole gocce che cadono dall’alto e si poggiano lievi su ogni superficie.

 Le parole di Emilia Barbato, poetessa napoletana trapiantata a Milano, parlano di amore, lievità e dolore, senza spigoli, ma con una curvatura costante. “Sommo lo sguardo, nuvole di ciliegi piovono piano”. Piano, come arrivano i suoi versi nell’incanto del momento. “Se i cumulonembi si infittiscono e il cielo precipita grigio sui nostri nomi, presagiscono schiarite le bocche, intente a ripeterci”.

 Parte alla conquista del vello d’oro, lei che di sé scrive “Io argonauta, canto forte il mio eremo…”. Un eremo in cui torna spesso la madre, il dolore della malattia, l’urlo inespresso. É tutto accennato, quasi un soffio, più un sussurro nel quale narra una vita, la sua.

 A mia mamma, a mia nonna, alla terra che brucia di notte, la dedica di un suo piccolissimo libro che si legge nel tempo di un respiro e poi resta lì sospeso nell’aria. Il rigo tra i rami del sambuco di Emilia Barbato, illustrazioni di Nadia Yamnych edito da Pietre Vive. Il suo posto è la tasca interna di un cappotto, al caldo, protetto, cullato dal battito del cuore.

Il libro di cui vi parliamo oggi, il canto di Barbato ha la delicatezza che solo la poesia può raggiungere. Ti sfiora appena e vola via. la stagione è un accenno di tutto ciò che verrà “la precarietà delle prime ore di primavera si raccoglie nei respiri lentissimi delle fresie, sfioriscono con la stessa levità dei pensieri felici quando le lacrime rigano il viso”.

“Non c’è rimedio al terreno impervio delle tue inesplorate fragilità, nemmeno se anticipo il naturale incanto della bocca sui tuoi capelli”.

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