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La solitudine

La solitudine

C'è una cosa che mi fa tanta paura, la solitudine, quella non voluta.

Alcuni giorni fa un familiare ci ha lasciati.

Poco lontana dalla bara del parente ce n'era un'altra, messa di lato, non si notava nemmeno.

Nessuno vegliava quel che è rimasto di un essere umano.

Non c'era traccia di partecipazione, se non un mazzo di fiori, quasi avvizzito, e un libretto, sul leggio, con poche firme. Le prime straniere, le ultime, - poche - italiane.

C'era anche un messaggio non firmato: "riposa in pace"; probabilmente scritto per pietà.

Un manifesto funebre col nome e le date di nascita e decesso.

Lì riposava un ragazzo di appena vent'anni, forse africano. La morte avvenuta un mese prima.

In quel luogo un defunto vegliato e amato, nella morte come in vita, e, un po' più in là, una bara chiusa, sigillata, senza alcun alone di amore o di amicizia.

Una disuguaglianza angosciante.

Ho provato molto dolore per quel giovane sconosciuto.

Mi ha sconvolta.

Povero figlio, solo nella morte e, probabilmente, anche in vita.

Me lo sono immaginato così. Forse la realtà è un'altra.

Da lì la mia mente ha cominciato a vagare.

Perché tanto abbandono, tanta solitudine? 

Le diversità, sociali e di genere, culturali ed economiche, sono assurdamente e ingiustamente inaccettate.

Pure la malattia, la disabilità e il colore della pelle non uguale alla nostra - e tanto altro - non "piacciono".

Le differenze potrebbero essere occasione di condivisione e di scoperte, di arricchimento, invece ci allontanano perché non rispondono agli standard che "ci siamo costruiti".

Che tristezza!

C'è anche chi ne ha addirittura terrore e orrore.

Tantissime cose fanno male all'anima, ma l'isolamento non voluto, per una qualsiasi ragione, mi spaventa.

Sempre di corsa, non si pensa e non si immagina che le persone che incrociamo possano avere bisogno di qualcosa. 

Non ci costerebbe nulla distrarci da noi stessi, solo un pochino, guardare gli altri e non ignorare le loro possibili necessità, mostrate o nascoste, ma magari percettibili.

Donare semplicemente un sorriso e una mano tesa.

Ma ancora più triste è che, chi è in difficoltà,  davanti all'indifferenza generale, o dei più, potrebbe chiudersi a sua volta e non trovare la forza di chiedere aiuto.

Rimane solo.

Provo a non pensarci, ma non ci riesco, perché anche io mi sento responsabile.

Cerco, come altri - numerosi -, di aiutare a modo mio, per quanto mi è consentito, ma non basta.

Non basta a farmi sentire in pace.

È solo "una goccia nell'oceano", anche se...*

 

La solitudine, quando ne senti l'esigenza, ti aiuta. Io la cerco, me la prendo e mi fa bene, mi rigenera.

La solitudine non voluta è terribile, mi fa paura.

 

Ti penso giovane anima sconosciuta.

 

 

* "Quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno"

Madre Teresa di Calcutta

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